Dialettica! (o no?)
risposta a Preve

di Maria Turchetto

Caro Costanzo,

non ho citato Piaget, Monod e Crick solo per un vezzo "scientista" (che per altro confesso di coltivare, da "antifilosofessa" qual sono diventata), ma anche e soprattutto perché fanno parte di una comune discussione che in questo periodo sto ricostruendo, allo scopo di scrivere un'introduzione ai testi di Monod e Althusser che ho piazzato su Intermarx. In questa discussione, tra l'altro, è interessante vedere proprio come viene usato il termine dialettica, che tanto ti sta a cuore. Ti rispondo perciò volentieri, visto che ciò mi dà l'occasione di fare provvisoriamente il punto sulle cose che sto studiando.
La discussione cui mi riferisco ha come oggetto le posizioni di Monod. Althusser è il primo a confrontarsi con esse, nel quarto corso del 1967, vivisezionando letteralmente la lezione inaugurale tenuta da Monod al Collège de France quello stesso anno.
La lezione di Monod rappresentava di fatto una ricca anticipazione del suo fortunato libro, Il caso e la necessità, che uscirà nel 1970, tenendo conto, nel secondo capitolo, del "severo commento" di Althusser (cfr. J. Monod, Il caso e la necessità, Mondadori 1997, p. 41): per la verità, in modo assai polemico, ossia nell'ambito di una critica feroce al "materialismo dialettico" di Engels che si conclude con una rivendicazione, per sé e per la "biologia moderna", di un semplice "materialismo volgare", "puramente meccanicistico" (cfr. ivi, pp. 35-41).
Il libro di Monod riceve successivamente numerosi commenti: da parte di marxisti, per lo più irritati dagli attacchi alla "dialettica della natura" (paradigmatico in questo senso Roubaud, Notes sur "Le hazard et la nécessité", in "Cahier du Communisme", n. 4, 1971), e da parte di scienziati, tra cui Piaget (Hazard et dialectique en épistémologie biologique, in "Sciences", n. 711, 1971) e Crick (Jaques Lucien Monod, in "Nature", n. 262, 1976, scritto in occasione della morte di Monod) [1].

Come dicevo, il termine "dialettica" gioca un ruolo notevole in questa discussione, ed è oggetto di una serie di fraintendimenti che probabilmente è utile anche a noi, nella nostra discussione minore, cercare di chiarire.
Althusser, che in Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati è ancora affezionato al termine "dialettica" e all'espressione "materialismo dialettico" (che nelle opere degli anni '80 tenderà invece a sostituire con quella di "materialismo aleatorio"), ritiene che la categoria di "emergenza" impiegata da Monod abbia a che fare molto da vicino con la "dialettica": "se la prendiamo sul serio, ci fornisce elementi per pensare ciò che una certa tendenza filosofica ha cercato attraverso i termini di `leggi della dialettica' e dialettica della natura. Tradizionalmente si parla di `salto qualitativo', di `passaggio dialettico dalla quantità alla qualità', ecc. Monod fornisce nella nozione di emergenza gli elementi per rinnovare parzialmente, con elementi di origine intrascientifica, l'enunciazione di questa questione" (L. Althusser, Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati, UNICOPLI 2000, p.111). Mi sembra di interpretare correttamente il passo citato sostenendo che, per Althusser, "emergenza" non è semplicemente un sinonimo di "dialettica", ma rinvia a un apparato concettuale che permette di pensare con maggiore precisione ciò che confusamente si era cercato di indicare parlando di "`salto qualitativo', di `passaggio dialettico dalla quantità alla qualità', ecc.".
Monod non è affatto contento di essere definito "dialettico". Mostra un'evidente idiosincrasia nei confronti del termine "dialettica", che ritiene riproporre una "proiezione animistica" fondata in ultima analisi su una "teoria del riflesso" inaccettabile dall'epistemologia contemporanea. Perciò condanna Hegel (cui annette con poche esitazioni Marx e Engels: "si può certamente contestare questa ricostruzione, negare che essa corrisponda al pensiero autentico di Marx e di Engels ma, dopo tutto, questo non ha molta importanza. L'influenza di un'ideologia si misura dal significato che di essa rimane nello spirito dei suoi seguaci e che le attribuiscono gli epigoni", J. Monod, Il caso e la necessità, cit. p. 37 - che dici, Costanzo, forse potremmo includere anche questa drastica assimilazione dei maestri agli epigoni nella carte dei ristoranti filosofici francesi?), rivendica "la necessità assoluta di un'epistemologia critica" di ispirazione kantiana, ben sapevole che ciò viene bollato dai marxisti come "idealismo" (cfr. ivi, p. 38), e si dichiara infine polemicamente idealista e materialista volgare (non "dialettico", per carità, come aveva sostenuto Althusser).

Il marxista Roubaud lo prende sul serio (cosa che, com'è noto, Althusser aveva ammonito di non fare: non bisogna sempre credere a ciò che gli autori dichiarano di se stessi!): il "carattere antidialettico" della "filosofia di Monod comporta una sottovalutazione del "crattere relativo" delle proprietà degli esseri viventi, che vengono così "a essere isolati gli uni dagli altri, a ricevere un'esistenza propria, indipendente dalla storia concreta degli esseri viventi ai quali essi si rapportano" (Notes sur "Le hazard et la nécessité", cit.) [2].
Chi non prende invece sul serio Monod è Piaget: "piaccia o non piaccia a Monod", la sua spiegazione dei problemi della vita e dell'evoluzione è intrinsecamente "dialettica", in quanto giocata sulle coppie conservazione/variazione, caso/necessità (Hazard et dialectique en épistémologie biologique, cit.).
E veniamo infine a Crick, il cui atteggiamento ripropone le stesse idiosincrasie di Monod: la spiegazione offerta dalla biologia moderna è meccanicista nella misura in cui è uno scire per causas che non fa intervenire alcuno Spirito, nemmeno nella forma della teleologia; ed è riduzionista nella misura in cui rifiuta interpretazioni olistiche dell'"emergenza" (nel senso che ho cercato di precisare nel mio intervento sul Bollettino n. 7, citando l'esempio della molecola di benzene fatto appunto da Crick).

Che dire? Grande è la confusione terminologica sotto il cielo, e non solo a proposito del termine "dialettica", il nostro imputato numero uno: anche per i termini "emergenza", "meccanicismo", "riduzionismo". Cerchiamo, innanzitutto, di superare le mere idiosincrasie: è evidente che agli scienziati il termine "dialettica" fa lo stesso effetto di un gessetto che stride sulla lavagna, mentre per contro i marxisti (specie se di formazione filosofica) associano i termini "meccanicismo" e "riduzionismo" al male. Mi sembra perciò indispensabile innanzitutto mettere da parte le reazioni allergiche e ragionare su cosa veramente intendono i diversi autori impiegando i termini in questione. E' già abbastanza evidente, ad esempio, che Crick impiega il termine "meccanicista" (che ai marxisti non piace) come sinonimo di "materialista" (che ai marxisti piace assai). Ma vediamo più da vicino le nostre paroline magiche.

Cominciamo con il termine DIALETTICA. Amplierei, a questo proposito, le indicazioni di Althusser: è un termine che, a partire da Hegel e passando attraverso il marxismo, ha veicolato tante cose: non solo istanze condivisibili, esprimendole in modo confuso o allusivo, comunque poco perspicuo (come nel caso del "passaggio dialettico dalla quantità alla qualità", indicato da Althusser), anche concezioni non condivisibili.
Ad esempio, ha veicolato una concezione teleologica della storia: nello Hegel della Fenomenologia dello Spirito, se non in quello della Scienza della Logica. Concezione acquisita dalla maggior parte del marxismo di ispirazione engelsiana, benché in via di avanzato superamento (secondo Althusser) nel Marx del Capitale (come dimostra il capitolo sulla "cosiddetta accumulazione originaria"). Nella engelsiana Dialettica della natura, ha veicolato un'interpretazione teleologica della teoria dell'evoluzione che oggi la "moderna biologia" rifiuta. Allora, se DIALETTICA = (significa, implica) TELEOLOGIA, dobbiamo essere contro la dialettica, contro Hegel, Engels e Spencer, con Marx e Monod.
Ma, abbiamo detto, il termine "dialettica" ha espresso anche istanze condivisibili, come l'esigenza di pensare il famoso "passaggio dialettico dalla quantità alla qualità" che oggi, ci dice Althusser, la moderna biologia esprime in modo nuovo, più ricco e più preciso, con il termine emergenza. Bene, allora, se DIALETTICA = EMERGENZA siamo per la dialettica, tutti quanti: Marx, Monod ("gli piaccia o non gli piaccia", come dice Piaget), Hegel e Crick... Davvero tutti nello stesso mazzo? Hegel insieme a Monod? In effetti, è il caso di dubitarne, e di fare qualche precisazione ulteriore.

La faremo a proposito del termine EMERGENZA, a proposito del quale già Althusser aveva notato qualche difficoltà nella definizione datane da Monod, "che contiene di fatto due definizioni molto differenti l'una dall'altra" (ossia riproduzione e creazione, semplicemente giustapposte: cfr. Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati, cit., pp. 116-118). Da parte mia, ho notato che Crick e Monod impiegano il termine in due accezioni diverse, designando il primo il carattere di totalità delle strutture, il secondo invece il sistema delle trasformazioni, alludendo insieme - ambiguamente, come giustamente osserva Althusser - al problema di fatto ulteriore della formazione (della genesi, direbbe Piaget) delle strutture [3].
Con riferimento al carattere di totalità (dunque nell'uso che ne fa Crick, ad esempio nei passi citati nel mio intervento sul Bollettino n. 7), "emergenza" designa "l'acqua calda della dialettica tanto aborrita", ossia la vecchia storia del "tutto superiore alla somma delle parti". Dunque, si direbbe proprio DIALETTICA = EMERGENZA, e tu Costanzo chiedi: "o voi conoscete un'altra accezione di dialettica?". Ebbene sì, Costanzo: esistono due accezioni di quest'"acqua calda", quella olistica e quella relazionale.
Torno a citare Piaget, che mi sembra tutto sommato il più chiaro: "Ora, al di là degli schemi di associazione atomistica e di quelli delle totalità olistiche, esiste una terza posizione, che è quella degli strutturalismi operativi: è la posizione che adotta fin dall'inizio un atteggiamento relazionale, secondo il quale ciò che conta non è né l'elemento né un tutto che si impone in quanto tale senza che si possa precisare come, bensì le relazioni fra gli elementi" (J. Piaget, Lo Strutturalismo, Il Saggiatore 1994, p. 40). L'opzione per la "terza posizione" non è poi tanto banale: tra i sostenitori delle "totalità olistiche", ad esempio, Piaget non annovera solo i vecchi biologi vitalisti ottocenteschi, ma anche l'importantissima scuola della psicologia della Gestalt; da parte mia, potrei far presente che lo stesso tipo di opzione tra olismo e relazionalismo oppone oggi "mentalisti" e "connessionisti" nelle ultramoderne "scienze cognitive". Forse, Costanzo, penserai che gli scienziati sono degli sprovveduti, e che queste distinzioni primitive non riguardano i filosofi: ma sicuramente riguardano noi (comunque vogliamo definirci), voglio dire noi che siamo qui a discutere di Althusser sulle pagine di questo Bollettino: infatti, secondo Althusser, la totalità di Hegel è una totalità olistica, mentre quella di Marx è relazionale (non saprei proprio come interpretare altrimenti la differenza tra "totalità hegeliana" e "totalità marxiana" di cui Althusser discute per gran parte di Leggere Il Capitale).
Ora, non mi interessa tanto discutere se l'interpretazione di Hegel data da Althusser sia corretta o meno; mi premono, piuttosto, due cose.
In primo luogo, sottolineare che le implicazioni della distinzione tra totalità olistica e totalità relazionale sono notevoli: in termini di causalità (cfr. Althusser, Leggere Il Capitale, Feltrinelli 1971, pp. 191-198) [4], di formalizzazione (cfr. Piaget, Lo Strutturalismo, cit., pp. 37-38; ma anche Althusser, Leggere Il Capitale, pp. 192-193), ecc. Problemi che mi sembra vadano presi sul serio, e non diluiti nell'"acqua calda".
In secondo luogo, proporre un accordo linguistico. Il vecchio marxismo filosofico usava contrapporre due termini: "determinismo" (con i suoi sinonimi "meccanicismo" e "riduzionismo") e "dialettica", condannando il primo e prediligendo il secondo. Anche scienziati come Monod, evidentemente abituati a questo tipo di etichettatura, adottano questa coppia terminologica, pur rovesciando l'opzione (identificando il "determinismo" con la chiarezza scientifica dello scire per causas e la "dialettica" con le fumoserie filosofiche). A me sembra che, per gettare un ponte tra marxismo e scienza, o più modestamente per capirci nell'ambito di questa nostra discussione minore (ad esempio, per dirimere la questione se Monod sia un "meccanicista", come dice di se stesso e come sostiene il marxista Roubaud, oppure un "dialettico", come sostengono Piaget e il marxista Althusser), abbiamo bisogno di tre termini per designare i diversi modi di concepire le "totalità": propongo quelli che qui ho già utilizzato e che ho tratto da Piaget, integrando in parte la sua terminologia: associazione atomistica, totalità olistica, totalità relazionale.

Ma i problemi, a proposito del concetto di EMERGENZA, non sono affatto finiti. Come ho detto sopra, se Crick una tale termine per designare il carattere di totalità delle strutture (ne fa, per così dire, un uso sincronico), Monod lo usa invece per designarne il carattere di sistema di trasformazioni proprio delle strutture nonché il problema del loro sorgere. Uso ambiguo, come giustamente nota Althusser: "Monod fornisce una definizione di emergenza che contiene di fatto due definizioni molto differenti l'una dall'altra [...]. Cito: `l'emergenza è la proprietà di riprodurre e moltiplicare le strutture ordinate altamente complesse, e di permettere la creazione evolutiva di strutture di crescente complessità'". Dunque "l'emergenza è una doppia proprietà: di riproduzione e di creazione [...]. La parolina e che lega in Monod la riproduzione e la creazione rischia di confondere le due realtà; in ogni caso le giustappone. Ora, una giustapposizione non è sufficiente da un punto di vista scientifico" (Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati, cit., pp. 116-117).
In effetti, distinguere le due proprietà sembra indispensabile. La "riproduzione" chiama in causa la "legge di composizione" (come si dice nella teoria matematica dei "gruppi" [5]) di una struttura, ossia la proprietà delle strutture "che consiste nell'essere sempre e simultaneamente strutturate e strutturanti" (Piaget, Lo Strutturalismo, cit., p. 41), dunque nel variare e nell'includere nuovi elementi mantenendo un'invarianza. La "creazione" pone invece il problema della "formazione" delle strutture. Di nuovo, trovo particolarmente chiaro Piaget nell'enunciazione del problema, "che in verità è il problema centrale di ogni strutturalismo: le totalità per composizione sono composte da sempre, ma come o da chi, o dapprima sono state (e lo sono sempre?) in via di composizione? In altri termini, le strutture comportano una formazione o conoscono solo una preformazione più o meno eterna? Fra le genesi senza struttura presupposte dall'associazione atomistica, alle quali ci ha abituato l'empirismo, e le totalità o forme senza genesi che rischiano così continuamente di giungere sul terreno trascendentale delle essenze, delle idee platoniche o delle forme a priori, lo strutturalismo è chiamato a scegliere o a trovare delle soluzioni che superino l'antinomia" (ivi, p. 40).

L'interesse per questi problemi e questi concetti mi sembra evidente per chi si occupa di teoria dei modi di produzione concependo il "modo di produzione" come un "tutto strutturato", e per chi ha a che fare con un autore come Marx che, a proposito del modo di produzione capitalistico, propone nozioni come "riproduzione semplice", "riproduzione allargata o accumulazione", "accumulazione originaria".
Non si tratta di trasporre concetti sorti in determinate discipline (biologia, matematica) a una diversa materia (la teoria dei modi di produzione), ma di indagare le potenzialità di strumenti concettuali comuni a un certo modo di intendere la conoscenza (indagine che da parte mia reputo eminentemente filosofica, anzi filosofica per eccellenza). La stessa critica di Althusser a Monod, del resto, non riguarda a ben vedere la trasposizione del concetto di "emergenza" dal campo della biologia a quello della storia umana, come a volte è stato detto (e anch'io l'ho pensato, in una prima lettura superficiale), bensì il cattivo uso di tale concetto nel campo della storia. Althusser sostiene infatti che "nel dominio della scienza biologica, la sua [di Monod] pratica scientifica distingue perfettamente ciò che la sua definizione si limita a giustapporre" (Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati, cit., p. 117), senza fare confusione, mentre non ha questa capacità nel campo della storia. Più precisamente, pratica la distinzione nel campo della biologia, ma non la pensa; il che, passando al campo della storia, "permette alla nozione di emergenza di scivolare insensibilmente sul versante di un non pensato che funziona come una finalità non pensata, dunque di cambiare tendenza" (ivi, p. 118) reintroducendo nella storia umana un finalismo che era stato espulso dall'evoluzione biologica.
La critica di Althusser a Monod non si ferma qui, c'è ad esempio tutta la faccenda della noosfera, assai interessante, su cui mi ripropongo di intrattenere i lettori di Intermarx. Per quanto riguarda la nostra discussione su totalità e dintorni, invece, ho blaterato anche troppo: ma spero almeno di aver fornito qualche chiarimento e qualche stimolo ulteriore.