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Marx nei suoi limiti
La filosofia di un agitatore
di Roberto Ciccarelli
pubblicato su Il Manifesto del 9/2/2005
Quando nel 1965 Althusser pubblicò Per Marx nella prefazione
ironizzò sui "filosofi senza opere" prodotti dalla congiuntura
e dalle pratiche settarie del partito comunista francese nella guerra fredda.
Colmo dell'ironia sarebbe se lui stesso, in fin dei conti, non fosse nient'altro
che un "filosofo senza opera", ricordato per una serie ristretta
di volumi, alcuni determinanti, e un'altra più composita di inediti
pubblicati in due volumi una decina di anni fa in Francia e che vengono
proposti da qualche tempo anche in Italia. E' il caso di questo Marx
nei suoi limiti (Mimesis) i cui contenuti erano stati arzialmente annunciati
in Italia in Discutere lo Stato (De Donato) e in un quaderno de Il
Manifesto per l'editore Alfani.
Louis Althusser amava definirsi un "agitatore politico in filosofia".
Distinta per natura e ampiezza di obbiettivi dalla propaganda, la sua agitazione
si opponeva alla filosofia nel tentativo di produrre degli effetti e cambiare
il corso della congiuntura politica e culturale. Alla fine degli anni Sessanta,
quell'agitatore politico pensava in termini di strategia quasi militare,
ogni passo doveva essere fatto per conquistare l'egemonia sulla scena universitaria
e su quella politica. E in effetti il decennio successivo fu definito da
molti "althusseriano".
La sua era una lotta per l'egemonia, ma ebbe esiti alterni. Abbandonata
l'idea iniziale della filosofia come "teoria della pratica teorica",
una specie di utopia positivistica che vedeva nella filosofia la "scienza
delle scienze", approdava all'idea di una filosofia marxista "scientifica"
usata dalle classi subalterne come strumento teorico nell'ambit della lotta
di classe. Ne usciva l'immagine di un Marx scienziato che Althusser utilizzò
con grande efficacia, anche per sottrarla all' "umanesimo antropologico"
di Feuerbach (che conosceva per averlo tradotto) e portare Marx al rifiuto
di "ogni fondamento filosofico nell'uomo, nella natura dell'uomo".
Era il momento in cui l'anti-umanesimo di Heidegger scuoteva l'antropocentrismo
che si era impadronito del soggetto e della riflessione filosofica e formulava
una speciosa ontologia - Adorno con feroce ironia la definiva kitsch
- che era una reazione all'angoscia soggettiva della trasformazione della
società in un contesto di alienazione e di "funzionalizzazione"
totale dell'individuo alla macchina di produzione capitalistica. L'agitatore
che non si sentiva a suo agio nelle vesti del filosofo individuava invece
nell'occultamento di tale contesto e nella disuguaglianza nella distribuzione
della ricchezza il carattere della filosofia, la sua ideologia, il cui compito
era di far accettare al soggetto l'ordine economico nell'illusione di essere
padrone della sua vita. Contro la filosofia che voleva la società
prodotta dalla volontà di un soggetto, Althusser rivelava che essa
era in realtà il prodotto di un processo senza soggetto, in
altre parole della dinamica dei rapporti di classe. Lo accusarono di strutturalismo,
ma il suo era invece l'abbozzo di una teoria della congiuntura politico-culturale.
Allo stesso tempo, e contraddittoriamente, egli sovradimensionava l'ascendente
di Feuerbach sul "giovane Marx", attribuendogli il merito di averlo
aiutato a rovesciare Hegel e la sua dialettica. Che Marx fosse in giovane
età prigioniero di Feuerbach, questo Althusser lo sapeva e ne avrebbe
scritto, ma rimuoveva le reali condizioni di questa prigionia rivestendolo
di uno scomodo camice bianco da scienziato della lotta di classe, esasperando
così una deriva teoretica nella lettura del Capitale. In Marx
nei suoi limiti, e a dispetto di quanto affermava nel saggi introduttivo
di Leggere il Capitale sulla rottura epistemologica tra il giovane
Marx e quello del Capitale, Althusser sostiene invece che rimangono
ancora elementi di hegelismo nell' "unità fittizia" dell'ordine
di esposizione del Capitale.
Partendo infatti dall'elemento più semplice e astratto, il valore,
per arrivare a quello concreto del processo di sfruttamento del capitale,
Althusser scorge in Marx una dialettica hegeliana rovesciata che lo avrebbe
condotto a un'interpretazione "economicista" dello sfruttamento.
Una nuova frattura si presentava all'interno del Capitale riproducendo,
sia pure su basi diverse (l'astrazione determinata), il rapporto con la
Scienza della logica di Hegel, ma anche quello con Feuerbach a cui
Althusser attribuiva ancora l'ispirazione del capitolo sul feticismo.
"Finalmente qualcosa di vitale si libera dalla crisi e nella crisi
del marxismo!" disse al convegno di Venezia organizzato dal Manifesto
dove, nel novembre 1977, convennero numerosi esponenti della sinistra intellettuale
europea anche d'oltre cortina. Althusser riconosceva così non solo
la crisi politica del marxismo, esploso dopo la svolta del XX congresso
del Pcus nel 1956, ma anche il suo smarrimento teorico. Era tuttavia una
crisi da interpretare dialetticamente perché "per la prima volta
nella sua storia può diventare oggi l'inizio della sua liberazione".
E in quella crisi affrontava l'altra questione spinosa: la teoria marxista
dello Stato. Tornava la sua amara ironia quandoridicolizzava le "piccole
equazioni di Gramsci" (Stato = coercizione + egemonia) ma lo faceva,
forse, più per amore della polemica contro alcuni intellettuali che
per un'effettiva liquidazione del filosofo italiano con il quale sosteneva
di essere in ottimi rapporti ancora nel 1970, quando spiegava la propria
teoria sugli apparati ideologici di Stato. Per Althusser il marxismo contava
su una teoria dello Stato, ma che doveva essere ripensata all'altezza della
congiuntura. Era escluso che si reggesse solo su un'idea negativa
del potere: una volta preso, bisognava distruggerlo. Non era del tutto vero,
oppure era solo una semplificazione eccessivo. Gramsci, e prima ancora Lenin,
avevano sostenuto la distruzione dello Stato come distruzione delle forme
del dominio o di subordinazione già dentro lo Stato borghese.
Le obiezioni anti-marxiste non coglievano il problema reale della teoria:
se è vero che il corpo dello Stat è costituito dalle masse,
non è detto che possa funzionare ammettendole immediatamente nei
propri apparati. C'è bisogno di egemonia. E di tempo. Schiacciato
dalle necessità della guerra civile e del comunismo di guerra, lo
stesso Lenin cedette e tornò sui suoi passi, sostiene Althusser.
Il marxismo era rimasto fermo per anni su questo "limite assoluto"
della teoria. Il colpo di coda tardivo della crisi politica iniziata un
ventennio prima portava lo sconcerto di quei limiti nei tardi anni Settanta,
nel cuore stesso della teoria, come in quello del suo principale attore:
il partito.
L'interruzione brusca e, se si vuole, drammatica con la quale termina Marx
nei suoi limiti è l'esatta rappresentazione del rompicapo di
Althusser: si può dare lotta di classe senza partito? La cris era
matura, ma fu solo l'anticipazione di quella liberazione critica
all'ombra della quale viviamo ancora oggi.