Louis Althusser
Marx nei suoi limiti

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Marx nei suoi limiti
La filosofia di un agitatore

di Roberto Ciccarelli

Quando nel 1965 Althusser pubblicò Per Marx nella prefazione ironizzò sui "filosofi senza opere" prodotti dalla congiuntura e dalle pratiche settarie del partito comunista francese nella guerra fredda. Colmo dell'ironia sarebbe se lui stesso, in fin dei conti, non fosse nient'altro che un "filosofo senza opera", ricordato per una serie ristretta di volumi, alcuni determinanti, e un'altra più composita di inediti pubblicati in due volumi una decina di anni fa in Francia e che vengono proposti da qualche tempo anche in Italia. E' il caso di questo Marx nei suoi limiti (Mimesis) i cui contenuti erano stati arzialmente annunciati in Italia in Discutere lo Stato (De Donato) e in un quaderno de Il Manifesto per l'editore Alfani.
Louis Althusser amava definirsi un "agitatore politico in filosofia". Distinta per natura e ampiezza di obbiettivi dalla propaganda, la sua agitazione si opponeva alla filosofia nel tentativo di produrre degli effetti e cambiare il corso della congiuntura politica e culturale. Alla fine degli anni Sessanta, quell'agitatore politico pensava in termini di strategia quasi militare, ogni passo doveva essere fatto per conquistare l'egemonia sulla scena universitaria e su quella politica. E in effetti il decennio successivo fu definito da molti "althusseriano".
La sua era una lotta per l'egemonia, ma ebbe esiti alterni. Abbandonata l'idea iniziale della filosofia come "teoria della pratica teorica", una specie di utopia positivistica che vedeva nella filosofia la "scienza delle scienze", approdava all'idea di una filosofia marxista "scientifica" usata dalle classi subalterne come strumento teorico nell'ambit della lotta di classe. Ne usciva l'immagine di un Marx scienziato che Althusser utilizzò con grande efficacia, anche per sottrarla all' "umanesimo antropologico" di Feuerbach (che conosceva per averlo tradotto) e portare Marx al rifiuto di "ogni fondamento filosofico nell'uomo, nella natura dell'uomo".
Era il momento in cui l'anti-umanesimo di Heidegger scuoteva l'antropocentrismo che si era impadronito del soggetto e della riflessione filosofica e formulava una speciosa ontologia - Adorno con feroce ironia la definiva kitsch - che era una reazione all'angoscia soggettiva della trasformazione della società in un contesto di alienazione e di "funzionalizzazione" totale dell'individuo alla macchina di produzione capitalistica. L'agitatore che non si sentiva a suo agio nelle vesti del filosofo individuava invece nell'occultamento di tale contesto e nella disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza il carattere della filosofia, la sua ideologia, il cui compito era di far accettare al soggetto l'ordine economico nell'illusione di essere padrone della sua vita. Contro la filosofia che voleva la società prodotta dalla volontà di un soggetto, Althusser rivelava che essa era in realtà il prodotto di un processo senza soggetto, in altre parole della dinamica dei rapporti di classe. Lo accusarono di strutturalismo, ma il suo era invece l'abbozzo di una teoria della congiuntura politico-culturale.
Allo stesso tempo, e contraddittoriamente, egli sovradimensionava l'ascendente di Feuerbach sul "giovane Marx", attribuendogli il merito di averlo aiutato a rovesciare Hegel e la sua dialettica. Che Marx fosse in giovane età prigioniero di Feuerbach, questo Althusser lo sapeva e ne avrebbe scritto, ma rimuoveva le reali condizioni di questa prigionia rivestendolo di uno scomodo camice bianco da scienziato della lotta di classe, esasperando così una deriva teoretica nella lettura del Capitale. In Marx nei suoi limiti, e a dispetto di quanto affermava nel saggi introduttivo di Leggere il Capitale sulla rottura epistemologica tra il giovane Marx e quello del Capitale, Althusser sostiene invece che rimangono ancora elementi di hegelismo nell' "unità fittizia" dell'ordine di esposizione del Capitale.
Partendo infatti dall'elemento più semplice e astratto, il valore, per arrivare a quello concreto del processo di sfruttamento del capitale, Althusser scorge in Marx una dialettica hegeliana rovesciata che lo avrebbe condotto a un'interpretazione "economicista" dello sfruttamento. Una nuova frattura si presentava all'interno del Capitale riproducendo, sia pure su basi diverse (l'astrazione determinata), il rapporto con la Scienza della logica di Hegel, ma anche quello con Feuerbach a cui Althusser attribuiva ancora l'ispirazione del capitolo sul feticismo.
"Finalmente qualcosa di vitale si libera dalla crisi e nella crisi del marxismo!" disse al convegno di Venezia organizzato dal Manifesto dove, nel novembre 1977, convennero numerosi esponenti della sinistra intellettuale europea anche d'oltre cortina. Althusser riconosceva così non solo la crisi politica del marxismo, esploso dopo la svolta del XX congresso del Pcus nel 1956, ma anche il suo smarrimento teorico. Era tuttavia una crisi da interpretare dialetticamente perché "per la prima volta nella sua storia può diventare oggi l'inizio della sua liberazione".
E in quella crisi affrontava l'altra questione spinosa: la teoria marxista dello Stato. Tornava la sua amara ironia quandoridicolizzava le "piccole equazioni di Gramsci" (Stato = coercizione + egemonia) ma lo faceva, forse, più per amore della polemica contro alcuni intellettuali che per un'effettiva liquidazione del filosofo italiano con il quale sosteneva di essere in ottimi rapporti ancora nel 1970, quando spiegava la propria teoria sugli apparati ideologici di Stato. Per Althusser il marxismo contava su una teoria dello Stato, ma che doveva essere ripensata all'altezza della congiuntura. Era escluso che si reggesse solo su un'idea negativa del potere: una volta preso, bisognava distruggerlo. Non era del tutto vero, oppure era solo una semplificazione eccessivo. Gramsci, e prima ancora Lenin, avevano sostenuto la distruzione dello Stato come distruzione delle forme del dominio o di subordinazione già dentro lo Stato borghese.
Le obiezioni anti-marxiste non coglievano il problema reale della teoria: se è vero che il corpo dello Stat è costituito dalle masse, non è detto che possa funzionare ammettendole immediatamente nei propri apparati. C'è bisogno di egemonia. E di tempo. Schiacciato dalle necessità della guerra civile e del comunismo di guerra, lo stesso Lenin cedette e tornò sui suoi passi, sostiene Althusser. Il marxismo era rimasto fermo per anni su questo "limite assoluto" della teoria. Il colpo di coda tardivo della crisi politica iniziata un ventennio prima portava lo sconcerto di quei limiti nei tardi anni Settanta, nel cuore stesso della teoria, come in quello del suo principale attore: il partito.
L'interruzione brusca e, se si vuole, drammatica con la quale termina Marx nei suoi limiti è l'esatta rappresentazione del rompicapo di Althusser: si può dare lotta di classe senza partito? La cris era matura, ma fu solo l'anticipazione di quella liberazione critica all'ombra della quale viviamo ancora oggi.

(pubblicato su Il Manifesto del 9/2/2005)