L. Althusser
Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati

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Recensione
di Augusto Illuminati

Niente di male che la diffusione della filosofia segua le mode. Peccato che, mentre le mode (vestiti, acconciature, canzoni) si costruiscono a loro modo una storia rivisitando periodicamente per decenni le esperienze passate (i roaring '30, i faboulous '60 e da ultimo i '70), i divulgatori filosofici trascurino i successi passati e corrano sempre ciecamente dietro all'ultimo libro. Ben vengano dunque riprese di riflessione su autori che hanno occupato il proscenio negli anni '70 e '80 e poi sono andati incontro a un'eclissi immotivata quanto la fortuna dei loro successori. Già questo giornale è ritornato, in occasioni di recenti pubblicazioni, sul significato e il peso dell'opera di Michel Foucault, e vorremmo ora segnalare altri due filoni del pensiero francese, molto diversi ma in epoche separate del pari e fugacemente egemonici sulla cultura italiana.
Maria Turchetto (turchetto@interfree.it) ha fondato un'associazione Louis Althusser e avviato, in collaborazione con le edizioni Unicopli, una collana di libri di e su questo autore, che si apre con Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati -Corso di filosofia per operatori scientifici (Milano 2000, pagg. 187, lire 25.000). Si tratta di cinque lezioni (l'ultima finora inedita in Italia) tenute nel 1967-1968 presso l'École Normale Supérieure e accompagnate dal testo di Jacques Monod cui fa riferimento la quarta. In esse si sviluppa l'idea che esista una filosofia spontanea degli scienziati, caratterizzata da due elementi: 1) un elemento di origine intrascientifica, cioè una convinzione materialista emergente dalla pratica immediata e consistente nella credenza dell'esistenza reale dell'oggetto e dell'oggettività della conoscenza ad esso relativa nonché nella giustezza delle procedure investigative; 2) un elemento extrascientifico, esterno alla pratica e sostanzialmente idealista, che sostituisce in linea di tendenza l'esperienza all'oggetto, il modello alla teoria, le tecniche di validazione al metodo scientifico. Questo secondo elemento tende a prevalere, anche negli scienziati più onesti, conferendo una tonalità idealista a tutta la scienza. Esempi, l'empiriocriticismo classico di Ernst Mach e più recentemente la riflessione di Monod, mentre la proposta operativa consiste nell'intervento dall'esterno di una filosofia che rispetti e sostenga la causa dell'elemento 1, rafforzando la buona causa materialista contro i ripensamenti dovuti alla pressione dell'ambiente circostante, delle idee (spiritualiste) della classi dominanti, la cui tipica forma è l'accoppiata di empirismo e umanesimo. Del resto la filosofia nasce e si modifica soltanto in relazione all'esistenza e ai cambiamenti delle scienze in senso stretto (non semplici pratiche tecniche), ma pretende di farsi "filosofia della scienza" e di fabbricare una "teoria della conoscenza", esibendo così il suo lato ideologico. La critica del meccanismo base idealista -l'invarianza della formula (Soggetto=Oggetto)=Verità nelle due varianti empirista e formalista- si accompagna alla consapevolezza (spinoziana!) della non eliminabilità, ma della semplice riconoscibilità e controllabilità dell'elemento ideologico, dato che i processi di produzione delle conoscenze sono surdeterminati da un contesto sociale conflittuale. Il filosofo materialista saprà agire l'ideologia senza esserne agito, sfruttarla per veleggiare controvento, secondo la splendida metafora per cui la verità non è disvelamento, ma velo (Heidegger!) nel duplice senso di velamento e vela.

(pubblicata su Il Manifesto del 9/7/2000)