Progetto di traduzione
Louis Althusser, Psychanalyse et sciences
humaines. Deux conférences
édition établie par Olivier Corpet et François
Matheron, Paris, Librairie Générale française/IMEC,
1996, 121 pp.
di Livio Boni
Origine ed interesse dei testi
Le due conferenze "Psychanalyse et sciences humaines" e "Psychanalyse
et psychologie", pronunciate nel quadro di un seminario sulla psicoanalisi
animato da Althusser all'École Normale Supérieure a partire
dal novembre 1963 - prima traccia del confronto del filosofo marxista con
il pensiero di Freud e Lacan - sono finora rimaste inedite in Italia.
Tuttavia l'interesse che presentano questi due brevi testi - mai pubblicati
dall'autore (che pure ne accarezzò l'idea), e frutto della ritrascrizione
di note e registrazioni degli allievi (in particolare di Etienne Balibar)
- non è puramente genealogico. Anche ad una prima lettura appare
infatti che la questione al centro delle due relazioni althusseriane non
è tanto una disamina del reinvestimento della teoria freudiana operato
da Lacan - come sarà nel di poco posteriore Freud e Lacan (dicembre
1964), originato dallo stesso seminario - quanto un tentativo di stimare
gli effetti prodotti dall'evento freudiano - e dalla sua riattivazione lacaniana,
nel vasto campo delle scienze umane.
I due contributi non intendono tanto offrire una presentazione critica della
psicoanalisi dal suo interno, quanto mostrare in che modo l'irruzione della
razionalità analitica sia suscettibile di modificare l'economia generale
delle scienze dell'uomo, secondo un approccio quasi eteronomico, nella logica
del quale la psicoanalisi è presa in considerazione a partire dagli
effetti che essa produce sui saperi più o meno limitrofi, e non muovendo
dalle sue ragioni autonome.
Dunque le due conferenze suggeriscono un certo spostamento rispetto all'approccio
dei successivi Scritti sulla psicoanalisi testimoniando dell'ispirazione
del seminario althusseriano del '63-64, che si avvalse della collaborazione
di Michel Tort, Etienne Balibar, Jacques-Alain Miller, Achille Chiesa, Yves
Duroux e Jean Mosconi, al fine di preparare il terreno al trasloco di Jacques
Lacan in quello che era ancora all'epoca il tempio dell'intellighenzia filosofica
francese, trasloco consacratosi il 15 gennaio 1964 (stesso anno in cui Lacan
e Althusser s'incontrano personalmente, e in cui
quest'ultimo riprende l'analisi con René Diaktine).
In questo senso, se è indiscutibile che questi testi confermano l'idea
di un'alleanza strategica, prospettata da Althusser, con il progetto lacaniano,
è altrettanto chiaro che non si limitano a firmare una delega in
bianco a Lacan, e mostrano in modo chiaro ed eloquente l'impronta lasciata
da Althusser sull'orientamento di tutta una generazione di pensatori francesi
prestati alla psicoanalisi. Impronta che si direbbe una vera e propria matrice
per molti di loro. Detto ancora altrimenti: le due conferenze in questione
provano come Althusser non si sia limitato a svolgere un ruolo di passeur
d'eccezione tra filosofia, marxismo e psicoanalisi, ma abbia impresso fin
dall'inizio un orientamento politico all'investimento filosofico della
psicoanalisi, orientamento le cui tracce perdurano nella funzione eticamente
sovversiva assegnata alla psicoanalisi in Francia dai più illustri
dei suoi allievi convertiti al lacanismo, si pensi ad Alain Badiou, Jacques-Alain
Miller e Elisabeth Roudinesco o Etienne Balibar, per non citare che i più
noti.
Sarà pertanto compito di una nostra breve Postfazione restituire
le ragioni dell'attualità di questi primi pronunciamenti di Althusser
sulla psicoanalisi, in un momento in cui la razionalità freudiana
è stimata un po' ovunque una semplice resistenza, se non un impaccio,
al dispiegamento delle neuroscienze e delle terapie cognitivo-comportamentali,
ed identificata spesso e volentieri come politicamente e ideologicamente
inoffensiva, se non conservatrice.
La mobilitazione recente, in Francia, di psicoanalisti ed intellettuali di
diversa estrazione, contro il cosiddetto "emendamento Accoyer" ed il progetto di
valutare statisticamente l'efficacia delle "psicoterapie",
è difficilmente comprensibile - ci sembra - allorché si perda
di vista questo investimento della psicoanalisi come epistemologia politica
al quale Althusser partecipò attivamente, sfuggendo alla trappola
del freudo-marxismo grazie alla mediazione intransigente della filosofia.
É proprio di questo contributo primordiale che le due conferenze
testimoniano, , nella forma colloquiale dell'esposizione orale, in uno
stile limpido e teso al quale il lettore avvezzo alla lettura di Freud e
Lacan perdonerà volentieri qualche passaggio analiticamente un po'
ingenuo, nel momento in cui Althusser declina à sa manière
la questione freudiana de &laqno;l'interesse della psicoanalisi» rifiutandone
ogni riduzione alle discipline"psi-", alla ";psicoanalisi
applicata" o alle "scienze dell'interpretazione".
Materia dei testi
I. La prima delle due conferenze, per la quale gli editori hanno scelto
il titolo La place de la psychanalyse dans les sciences humaines costituisce
innanzitutto una ricognizione della destabilizzazione epistemologica introdotta
dal pensiero freudiano nel campo, allora in piena espansione, delle scienze
umane, "attraverso l'interpretazione di Lacan" (p. 19). Il
ruolo decisivo giocato da quest'ultimo nello svincolare la psicoanalisi
da ogni confinamento disciplinare costituirà naturalmente un presupposto
costante a entrambe le conferenze, così come il punto focale di tutti i testi
successivi di Althusser sulla psicoanalisi. L'idea è che "la teoria di un tale incontro - tra psicoanalisi e scienze umane
- ancora non è stata fatta" e che il "il ritorno a Freud"
proposto da Lacan, analogamente al "ritorno a Marx", si proponga una "domesticazione" dei concetti freudiani nel linguaggio della
filosofia della linguistica, dell'antropologia, dell'etnologia. Domesticazione
che è però tutto il contrario di una pura e semplice trasposizione
del freudismo, ma che richiede un'elaborazione ed una "trasformazione"
della concettualità freudiana che, restandone fedele al senso nel
modo più intransigente, sia tuttavia in grado di metabolizzarla nell'organismo
più ampio del progetto teorico strutturalista. Althusser considera
che un tale lavoro di rielaborazione teorica s'imponga sopratutto su tre
aspetti della forma assunta dalla teorizzazione freudiana: il suo &laqno;biologismo»,
il suo energetismo ("teoria energetica della psiche") e l'"economia
politica" che la sottende. Tre punti di convergenza con il progetto lacaniano dunque, che privilegerà un certo uso dell'etologia al biologismo
freudiano (si pensi anche solo a Lo stadio dello specchio ), abbandonerà
l'economia metapsicologica freudiana (cortocircuitata dalla logica della "jouissance"), e si proporrà persino di tradurre sul
piano della metapsicologia certi concetti fondamentali dell'economia politica
marxiana (si pensi al "plus-de-jouir", più che un'eco
del "plusvalore") .
Ora, è convinzione di Althusser che "non c'è incontro
senza scambio" (p. 57), ma un tale scambio può assumere diverse
forme. L'exposé si organizza intorno al tentativo di fornire uno
schizzo di tre modalità maggiori di scambio storicamente e attualmente
in corso tra la scienza freudiana e le scienze limitrofe:
- la prima modalità è quella di uno &laqno;scambio di concetti»
reciproco, di una permutazione concettuale generata dall'incontro. É il caso
della psicologia e di tutte le discipline che se ne reclamano. Risultato
principale di una siffatta contaminazione vicendevole tra psicoanalisi e
psicologia è lo sviluppo macroscopico della "psicologia infantile", ma anche la
"rivivificazione della psichiatria", il rilancio della "psicologia sociale" o
l'affermarsi di "discipline
frontiera" come la "psicosomatica" (pp. 42-43). Questa
prima parte del tentativo althusseriano di fornire le grandi linee dell'incontro
tra Freud e le scienze umane - "impresa smisurata", premette
il filosofo - ha dunque carattere descrittivo - ed il punto teoricamente
saliente è probabilmente l'attenzione portata alla differenziazione,
introdotta da Lacan, tra "realtà" e "reale", differenziazione che
Althusser considera a giusto titolo invalidare ogni riduzione della psicoanalisi
a una "psicologia dell'adattamento".
(p. 49) Passando rapidamente in rassegna certe permutazioni psicologico-analitiche
- da René Spitz a Henri Wallon, da Alexander a Malinowski - è
senza dubbio a proposito di Anna Freud che Althusser trova la battuta più
smaccata, qualificandola di &laqno;venditrice di carne sotto cellophane»,
laddove una volta Lacan aveva definito Melanie Klein &laqno;geniale venditrice
di trippe» (p. 52).
- la seconda modalità dello scambio tra psicoanalisi e scienze umane
consiste nello scambio tra concretezza e concettualità che ha dominato la
ricezione filosofica del sapere freudiano. Il paradigma di una tale "impostura
teorica" in grazia della quale la filosofia pretenderebbe di farsi carico della
"pratica" analitica (essenzialmente "la situazione
duale del rapporto medico-malato"), fornendo a quest'ultima la razionalità che
le fa difetto - e "non se ne parli più" (p. 58) -
è rappresentato per Althusser dalla psicologia concreta di Georges
Politzer. La psicologia fenomenologica di un Marleau-Ponty e la psicoanalisi
esistenziale di un Sartre non sono che delle varianti di uno scambio unilaterale
in cui la filosofia non ha bisogno di mettere in gioco nulla di sé.
- infine l'autore accenna ad una terza modalità : lo "scambio
di esperienze" (p. 63) tra psicoanalisi e psichiatria, e tra psicoanalisi,
psichiatria e filosofia. Althusser individua nei celebri "colloqui
di Bonneval" organizzati nell'omonima cittadina da Henry Ey, a partire
dagli anni '40, il luogo sintomatico di un tale crocevia . Il contributo
di Ricoeur al colloquio del 2 novembre 1960 su L'inconscient è agli
occhi di Althusser un raro esempio di scambio alla pari tra l'esperienza
teorica del filosofo e le domande sorte dall'esperienza psichiatrico-analitica
del gruppo de L'évolution psychiatrique. Sebbene infatti ad Althusser non
sfugga che un incontro siffatto avviene sulla base di una filosofia
dell'intersoggettività di cui la psicoanalisi non si può accomodare, egli
considera che "la psichiatria francese si definisce, tra le altre
cose, per il suo bisogno di filosofia, per l'enorme consumo che essa fa
della filosofia" (p. 62).
La conferenza si chiude su un elogio di Lacan, &laqno;fenomeno storico»
la cui inintellegibilità apparente non è legata al carattere
vago o confuso del suo pensiero, ma al feroce desiderio di far di tutto
perché l'evento freudiano non si risolva in vulgata psicologista o in
puro senso comune. L'"aggressività assolutamente straordinaria" e la "splendida cattiveria" di Lacan
non hanno per fine che lottare strenuamente contro due assimilazioni che
minacciano costantemente la psicoanalisi: "la movenza scientista o meccanicista, tecnica o
tecnocratica - come preferite - che riporta la psicoanalisi alla biologia,
alla psicologia, alla neurologia o alla sociologia, vale a dire a degli
oggetti nei quali si smarrisce; e d'altra parte la movenza che definirei
personalista, umanista e intersoggettiva" (p.69).
Sembra allora di riconoscere in nuce, dietro questo schizzo vivace ma ancora
abbozzato, l'impianto dell'impresa di storiografia "militante"
della psicoanalisi condotto vent'anni dopo da Elisabeth Roudinesco nella
sua imponente Histoire de la psychanalyse en France (Paris, Seuil, 1986,
2 voll.), e profilarsi ineludibilmente la questione che farà l'oggetto
della conferenza seguente: qual è il discrimine teorico tra la psicoanalisi
e tutte le altre forme di psicologia ?
II. Se la prima conferenza si propone di abbozzare un quadro delle reazioni
suscitate dall'irruzione del sapere freudiano nelle scienze limitrofe, la
seconda - intitolata dall'autore stesso Psychanalyse et psychologie, è
più ambiziosa, nella misura in intende stabilire una distinzione
teorica rigorosa tra i due termini attraverso la requisizione e la mediazione
della filosofia. Si tratta dunque, per Althusser, di definire la coupure
épistémologique introdotta da Freud, e tradotta da Lacan,
grazie ad un'autentica scorribanda attraverso la tradizione filosofica,
presa in conto tanto quale sito privilegiato d'emergenza tanto di una razionalità
psicologica, che in quanto luogo sintomatico delle insufficienze di quest'ultima.
Althusser decide dunque di cominciare dall'inizio, e da quelli che, almeno
storicamente, sono considerati i primi vagiti della psicologia: la questione
degli Enfants sauvages e il celebre rapporto del dr. Itard sul caso di Victor,
"le sauvage de l'Aveyron". In poche ed avvincenti pagine
appare come, in queste querelles del XVIII° secolo non sia tanto di
un dibattito astratto tra deterministi e spiritualisti che si tratti, ma
di una psicologia in forma embrionaria che per la prima volta si pone il
problema della relazione tra individuo sociale e soggetto. Althusser mostra
sagacemente come, nello stesso resoconto di Itard baleni, dietro l'ideologia
funzionalista, l'intuizione di una retroazione del culturale sul biologico.
É il caso, ad esempio, dell'apprendimento della parola &laqno;lait»
(latte), la prima riconosciuta e pronunciata da Victor, che però
si mette a proferirla compulsivamente, gioiosamente e al di fuori di ogni
"valore d'uso", dapprima sotto la forma delle sillabe "la",
"li", "lli", tanto che il suo precettore si domanda se la cosa "non sia in rapporto con una bambina di nome Julie, ragazzina
di 11 o 12 anni che trascorre le sue domeniche in casa Guérin, sua
madre. É indubbio che in quei giorni le esclamazioni "li"
e "lli" si fanno più frequenti, e si ripetono - a quanto
riferito dalla governante - la notte e quando Victor sembrerebbe dormire
profondamente. Impossibile valutare esattamente la causa e la portata di
quest'ultimo fatto" (p. 88).
Per mezzo di questo esempio eloquente Althusser introduce, nel momento stesso
di emergenza di una logica psicologista che si vorrebbe funzionalista e
fondante su una razionalità dei bisogni ed un'idea esclusivamente
comunicativa del linguaggio, tutta una serie di elementi che anticipano
già la necessità della psicoanalisi: la componente libidinale
et jouissive dell'apprendimento e del linguaggio, l'importanza e l'autonomia
del significante, l'imprescindibilità della cultura per l'attivazione
dell'istintualità umana, etc. Sarà poi merito di Rousseau
- continua Althusser, se si potrà passare da una logica individuale
(Condillac e Hobbes) ad una logica collettiva del passaggio dalla natura
alla cultura. (pp. 93 sg.)
La seconda parte della relazione althusseriana (pp. 97-106) contiene la tesi -
fondamentale nella ricezione della psicoanalisi nella cultura francese del
dopoguerra: la teoria freudiana non ha nulla a che spartire con la psicologia
dal momento che distingue rigorosamente tre categorie che quest'ultima confonde
regolarmente: "individuo", "soggetto" e "io".
La prima nozione, di matrice biologica, la seconda - d'origine giuridica,
morale e politica - e la terza, di natura filosofica (pp. 106-107) sono
invece rigorosamente distinguibili in Freud, e chiaramente differenziate
da Lacan. Il collasso tra queste tre categorie, "profondamente eterogenee", o meglio la loro contraddittoria sinergia, costituisce l'humus della
psicologia: l'individuo biologico ( e della divisione del lavoro) + &laqno;il
soggetto dell'imputazione» (morale, politica o religiosa) + la funzione "veritativa" e sintetica. Ecco
qual è per Althusser la formula ideologica d'ogni psicologismo (p. 108). Formula
rovinata dalla psicoanalisi, nel momento stesso in cui questa si presenta come
una "Two-body
psychology", una teoria del doppio corpo, organico e libidinale (p.
103), o dal momento in cui introduce la divisione come strutturante la funzione
stessa del soggetto. Certo, Althusser si avvede ancora una volta del fatto
che, all'interno della psicoanalisi medesima, sussistano tentazioni di riassorbire
la logica freudiana all'interno di una psicologia allargata (ancora Anna
Freud e Daniel Lagache sono stigmatizzati in questo senso), tra la psicologia
come "sottoprodotto di un'ideologia politica", "sottoprodotto
di un'ideologia morale" e "sottoprodotto di un'ideologia
filosofica", è quest'ultima che Althusser intende decostruire
alla fine del proprio intervento, senza dubbio la parte più suggestiva
ed originale. Il gesto di Althusser è allora radicale, facendo risalire
alla Repubblica di Platone le origini del dispositivo filosofico riattivato
dall'affermarsi, a partire dal 1750, della psicologia come disciplina autonoma.
La distinzione platonica tra epithumía, thumós e noûs
(concupiscenza, coraggio ed intelletto, per semplificare) si vuole infatti una
tripartizione interna al soggetto stesso, capace però "al
contempo di dar conto della patologia di ogni politica" fondante sul
misconoscimento di una tale gerarchizzazione (p.111). Se è dunque fin dalle
origini che la filosofia predispone "la struttura di una
psicologia possibile" è a Descartes che si deve l'introduzione
dell'ego come istanza veritativa. Rispetto all'ego cogito - commenta allora
Althusser in pagine che sembrano riecheggiare la posizione foucaultiana
della Storia della follia più che quella derridiana (la conferenza "Cogito e storia della follia"
data 4 marzo 1963) - il soggetto psicologico si costituisce per difetto, per
negazione dell'oggettività ideale, come forma di "patologia teorica" e come "soggetto
dell'errore" (p. 122). Da cui la spoliticizzazione radicale introdotta
da Descartes, anche rispetto a Platone. Sola eccezione, insieme a Rousseau,
allo psicologismo sotterraneo della tradizione filosofica, è per
Althusser l'immaginazione quale concepita da Spinoza, come "mondo",
vale a dire come irriducibile tanto ad una facoltà dell'anima che
ad una facoltà psicologica (p. 114).
É però alla psicoanalisi, ed alla sua riattualizzazione intransigente
da parte di Lacan, che è assegnato il compito di rompere dall'interno con la
funzione irrimediabilmente ideologica di ogni psicologia: "specchio
del misconoscimento sotto le sembianze del riconoscimento".