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Le trasformazioni della politica.
Maria Turchetto
pubblicato in Critica Marxista, n. 1/2010
Un libro di Poulantzas curato da Enrico Melchionda
e uno sulle posizioni politiche dell'ultimo Althusser ripropongono
la riflessione su alcuni limiti del "marxismo ortodosso"
e sulla divaricazione politica tra i due autori.
Attualità di una discussione inattuale.
Sono usciti quasi contemporaneamente, in Italia e in Francia, due libri che ripropongono una discussione apparentemente inattuale: quella che, nella seconda metà degli anni '70 del secolo ormai trascorso, denunciò i limiti del marxismo ortodosso sulla questione dello Stato e degli «apparati» (come si diceva allora) politici.
Il primo (Nicos Poulantzas, Il declino della democrazia, Milano, Mimesis, 2009) compare nella collana «Althusseriana» a un anno dalla morte prematura del curatore, Enrico Melchionda. Si tratta di una raccolta degli scritti più significativi di Nicos Poulantzas del periodo 1974-1979, quasi tutti inediti in Italia: materiali di vario genere e destinazione, e tuttavia assai omogenei per impostazione e tematiche affrontate. Si collocano infatti in un periodo particolare - «il più fecondo e originale», a giudizio del curatore - della produzione di Poulantzas: quello successivo alla svolta teorica che lo portò ad allontanarsi progressivamente dalle posizioni di Althusser per abbracciare una strategia «eurocomunista». Una sintesi più organica di questa riflessione si trova nella monografia del 1978 L'Etat, le pouvoir, le socialisme (tradotto in Italia con il titolo Il potere nella società contemporanea nel 1979), di cui gli interventi di questa raccolta rappresentano approfondimenti particolari di grande interesse.
Il secondo libro (Andrea Cavazzini, Crise du marxisme et critique de l'Etat. Le dernier combat d'Althusser, Paris, Le Clou dans le fer, 2009, collana «Matérialismes») è un saggio che ripercorre «la sequenza finale dell'azione pubblica di Louis Althusser», ossia i suoi interventi su un aspetto cruciale della «crisi del marxismo», tema allora all'ordine del giorno: la debolezza in ordine all'analisi e alla critica dello Stato. Lo Stato borghese, in primo luogo, irriducibile alla mera dimensione repressiva, complessamente articolato negli «apparati ideologici»; e lo Stato socialista, la cui prospettiva ultima - brutalmente negata dallo stalinismo - è la propria «estinzione». È bene ricordare che gli interventi di Althusser ebbero a suo tempo vasta eco in Italia, trovarono interlocutori quanto mai eterogenei (da Norberto Bobbio all'operaismo), suscitarono una discussione di cui Cavazzini traccia le grandi linee e riconosce lucidamente ambiguità e incomprensioni.
In appendice a Crise du marxisme et critique de l'Etat figura un breve scritto che rappresenta una sorta di trait d'union fra le due pubblicazioni, poiché ricostruisce e documenta la discussione «a distanza» che in quegli anni si svolse tra Althusser e Poulantzas, mostrando la divaricazione delle posizioni e commentando le diverse prospettive politiche abbracciate dai due autori: tragicamente coerente all'obbiettivo di una trasformazione radicale della società e della politica quella di Althusser, destinata a cadere ben presto nell'oblio; più realista ma al tempo stesso ambigua quella di Poulantzas, destinata ad avere un riflesso significativo nelle oscillazioni tra movimentismo e parlamentarismo che nei decenni successivi caratterizzeranno una parte della sinistra europea.
Due erano i fronti principali su cui tale discussione si svolgeva: da un lato, l'analisi dei poteri e delle istituzioni politiche borghesi in un momento di significativa trasformazione; dall'altro, il problema della "transizione al comunismo", del ruolo del Partito e dello Stato nel «socialismo reale», delle forme organizzative delle classi e dei movimenti in lotta contro l'ordine esistente. Oggi su questo secondo fronte il silenzio, in ciò che rimane della sinistra, è imbarazzante. La questione del «socialismo reale» è stata semplicemente rimossa di fronte alla «rimondializzazione» del capitalismo; le forme dell'organizzazione politica risultano omologate e logore, appiattite sulla dimensione elettoralistica e mediatica; mentre le prospettive di emancipazione e di trasformazione sociale radicale appaiono disperatamente lontane. Di qui l'apparente inattualità dei testi in questione.
Eppure quelli di Althusser e di Poulantzas sono testi scritti in una congiuntura che ancora ci riguarda: gli ultimi anni '70 sono infatti gli anni di incubazione della profonda trasformazione che le forme della politica subiranno negli anni '80 e '90 per consegnarci infine l'inquietante scenario del terzo millennio. Poulantzas, in particolare, è un testimone e un interprete acutissimo della trasformazione. L'incipit del breve saggio La crisi dei partiti (1979), che proponiamo nelle pagine che seguono, suona di strabiliante attualità: «Un nuovo statalismo autoritario prende forma ai nostri giorni nei paesi capitalisti avanzati, parallelamente al declino del ruolo dei partiti politici». Segue una precisa indicazione delle tematiche principali della nuova ideologia delle destre europee in cui riconosciamo immediatamente l'oggi: l'irrazionalismo giocato contro il marxismo, il neoliberismo, il rilancio del discorso sulla legge e l'ordine in nome della sicurezza, il razzismo di ritorno. È l'analisi di una «riorganizzazione del contenuto del discorso dominante» e delle profonde modifiche dei canali e degli apparati preposti all'elaborazione e alla diffusione di tale discorso («la funzione ideologica principale della scuola e dell'università [passa] agli organi di informazione [...] e il reimpiego dei mezzi di informazione va di pari passo col crescente controllo attraverso l'amministrazione dello stato») che oggi sono pienamente all'opera ma che evidentemente erano in atto fin da allora. E forse fin da allora avremmo dovuto ascoltare Poulantzas e Althusser con maggiore attenzione per non essere spiazzati dalle trasformazioni e non restarne colpevolmente subalterni. Giustamente Cavazzini osserva che le loro analisi «mostrano fino a che punto la congiuntura politica, sociale e ideologica attuale prolunghi quella della fine degli anni 1970 [...]: a ben vedere siamo ancora i contemporanei di quell'epoca, l'epoca della crisi delle opzioni comuniste e della ristrutturazione delle forme economiche e politiche del capitalismo». E Melchionda sostiene che «l'elaborazione di Poulantzas [...] getta una luce inaspettata su fenomeni e problemi che ancora ci ritroviamo di fronte, sostanzialmente irrisolti».
Ritornare su questo dibattito ha dunque un senso, considerando tuttavia - come sottolinea Cavazzini nello scritto L'Etat, le marxisme, le communisme: un débat entre Althusser et Poulantzas in appendice al libro citato, di cui pubblichiamo qui una versione tradotta e leggermente modificata - che tale dibattito è pienamente comprensibile solo nella prospettiva del comunismo: esso implica infatti «un'interrogazione essenziale sull'ipotesi comunista - e la nostra convinzione è che la riappropriazione da parte del pensiero di questa ipotesi costituisca il modo di ripensare le condizioni attuali di ogni politica».