Louis Althusser
Sulla filosofia

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Introduzione

di Aldo Pardi

Il nomade non è forzatamente qualcuno che si muove: ci sono viaggi sul posto,
viaggi in intensità, e anche storicamente i nomadi non sono quelli che si muovono alla maniera
di quelli che migrano, al contrario sono quelli che non si muovono, che diventano nomadi per restare allo stesso posto sfuggendo ai codici.
Gilles Deleuze

 

La riflessione sul tema della filosofia è presente in tutto il corso dell'opera di Althusser. Il filosofo francese prende le mosse da due differenti concezioni: quella marxista, che identifica la filosofia con il materialismo dialettico, e quella hegeliana, che pensa la filosofia come dialettica, presenza a sé del concetto e del processo (storico) di riduzione dell'esistente alla totalità del sistema. Althusser affronta queste definizioni, a loro modo classiche, della filosofia, per giungere alla produzione di un nuovo pensiero, sia della conoscenza filosofica, sia della storia. Althusser pone due problematiche fondamentali: ha senso l'esistenza della filosofia se la storia è completamente necessitata da un movimento dialettico della materia che ne determina ogni manifestazione? E, quindi, è la filosofia produzione di conoscenza, e quindi una disciplina storica, o si pone come scienza a priori? Seguendo questa duplice polarità di temi Althusser si pone diversi compiti teorici, che qui elenchiamo in ordine sparso: restituire alla filosofia la sua dimensione storica, in quanto parte di un intero sociale strutturato, anch'esso storico; elaborare categorie finalizzate alla comprensione dei processi sociali di produzione della filosofia, e sottolineare come tale conoscenza possa emergere solo dal marxismo, depurato dalle derive finalistiche e meccanicistiche; identificare ruolo e funzione della filosofia nel processo di riproduzione del sistema sociale; affermare l'autonomia di un pensiero filosofico marxista all'interno del marxismo stesso, e ribadirne la necessità rispetto alla lotta di classe. A partire da leggere "il Capitale"[1], Althusser ha dato a queste questioni soluzioni differenti. In quest'opera, la filosofia è considerata come meta - epistemologia, come scienza delle scienze, massima disciplina conoscitiva, incaricata di valutare la scientificità o la non scientificità dei concetti, dei metodi e degli oggetti delle varie scienze, essendo la filosofia strumento con cui il marxismo, la scienza della storia, disciplina prima e onnicomprensiva, separa il campo delle scienze da quello delle ideologie.
Passo successivo, che porterà all'autocritica [2] del 1972 (ma pubblicata nel 1974), è una serie di ricerche ( da filosofia e filosofia spontanea degli scienziati[3] a Lenin e la filosofia[4] ) in cui appaiono le posizioni che caratterizzeranno sempre più le tesi di Althusser sulla filosofia. La filosofia, si avvicina maggiormente ad un ambito a lei più consono: concetti, immagini, segni, le relazioni tra questi, dotati di valore di realtà in quanto sistemi di validazione della realtà stessa. La filosofia agisce sugli schemi di significato, le ideologie. Cambia il rapporto tra la filosofia e le scienze. Se precedentemente la filosofia deteneva un potere sulla scientificità delle scienze, ora non più. Le filosofia non decide nulla rispetto alle scienze. É all'interno stesso del progresso della scienza che si stabilisce cosa è scientifico e cosa no. Però, la scienza fa riferimento a principi generali di comprensione/fondazione, che sussistono al suo interno, non arrivando ad esplicitarsi direttamente se non nei momenti di crisi dei paradigmi dominanti. Essi sono l'ideologia spontanea degli scienziati. Esempio ne possono essere la categoria di <<materia>>, o quella di <<legge>>. La scoperta dell'esistenza e della funzione conoscitiva delle ideologie sposta decisamente l'ambito d'intervento della filosofia dalle scienze alle ideologie.
Althusser abbandona in questi scritti l'idea di una natura unica e integrata del discorso filosofico. Come le ideologie fanno riferimento ed oscillano tra tendenze materialiste e idealiste, così la filosofia è attraversata da questa lacerazione, per cui le tendenze materialiste e quelle idealiste combattono una lotta per la supremazia su cui l'ordine di costruzione dell'edificio filosofico cerca di imporre una pacificazione provvisoria. Ugualmente, si manifesta la differenziazione ed il conflitto all'interno delle scienze, portato dalle ideologie, istanze significanti espresse dalla società divisa in classi. Althusser comincia ad indagare in questi testi la dinamica di riproduzione del capitalismo, ed inizia a leggere, anche se in modo rigido e ortodosso, sia la scienza che la filosofia come apparati di produzione del processo di riproduzione della società.
Nei suoi ultimi scritti Althusser concentra il suo interesse sul tema delle ideologie, per la ricerca, esplicita, di una teoria della filosofia. Anche negli scritti sulla psicanalisi, a più riprese, aveva approcciato queste tesi. In essi il continente - inconscio si nutriva dell'insieme di contenuti - segno socialmente acquisiti nei costrutti ideologici. Da lo Stato e i suoi apparati[5], alla conferenza di Granada, alla corrispondenza con Fernanda Navarro, all'intervista - saggio sulla filosofia a lei concessa, testi raccolti da Gallimard nel volume sur la philosophie,[6] e che presentiamo qui per la prima volta in traduzione italiana, Althusser indaga i sistemi e le funzioni dell'ideologia. Le ideologie, complesse, diversificate e articolate al loro interno, sono insiemi di segni ed immagini che raccolgono l'intero sociale in ambiti di senso capaci di orientare e fondare l'azione dei singoli individui. che dell'ideologia . Althusser chiama <<effetto di soggettività>> il processo in cui gli individui si fanno portatori delle ideologie, pensandosi come <<soggetti>>. La filosofia lavora sulle ideologie, per riunificarle in categorie e relazioni concettuali. La filosofia, prendendo a prestito dalla scienza modelli di razionalità logica e criteri di validazione, piega le diverse tendenze ideologiche nell'organicità dei suoi costrutti speculativi, sanzionando la primarietà dell'una o dell'altra ideologia. Questo significa che la filosofia segue, ed é trascinata, dal movimento costante e fluido delle ideologie, che a loro volta sono parte di un generale dinamismo della società storicamente esistente. La filosofia è attraversata dalle tendenze di cui sono portatrici le diverse ideologie, in particolare da quella materialista e da quella idealista. Però, a differenza di quello che aveva affermato in Lenin e la filosofia,[7], ora Althusser non distingue due filosofie contrapposte, portatrici dell'una o dell'altra tendenza. La filosofia è un campo complessivo, attraversata nelle sue diverse e singolari manifestazioni da elementi dell'una e dell'altra tendenza, in un conflitto che si svolge nel suo stesso seno. Non esiste una filosofia pura, sia materialista che idealista, e non esiste un contesto speculativo sgombro dalla complessità dei livelli di contraddizione e conflitto. Mentre nella società, e di riflesso nelle ideologie, si presenta un quadro costante di fratture e scissioni, di aggregazioni e disarticolazioni, la filosofia tenta di mettere ordine, definendo e cristallizzando il contesto di un'epoca in termini di concetti. Nello stesso tempo, viene trascinata nuovamente nel flusso aleatorio e nella polarizzazione antagonistica della storia concreta.
Centrali per comprendere quest'ultima fase del pensiero di Althusser sulla filosofia sono le tesi sul materialismo aleatorio, di cui anche negli scritti qui presenti si fa costante riferimento.

UN DIVERSO STATUTO DEL PENSARE

Da questo sguardo di insieme sulle varie fasi del pensiero di Althusser sulla filosofia, possiamo ora tornare alle due problematiche che erano state accennate all'inizio: la messa in discussione della concezione hegeliana della filosofia (idealista), e la messa in discussione della concezione marxista della filosofia (il materialismo dialettico come compimento della filosofia). Seguiamo allora il percorso compiuto da Althusser per il superamento delle due concezioni. Se è vero, infatti, che Althusser si è servito a lungo di entrambe, e ha con esse a lungo mediato, in ogni caso possiamo indicare alcuni punti centrali che attestano come nelle sue argomentazioni ci sia l'articolazione di un diverso statuto del pensare. Essi sono, schematicamente:
1) la filosofia è una pratica. La filosofia è un fare concreto che lavora su - <<mette in produzione>> - realtà storiche e come tale è un entità materiale, connessa al contesto storico - sociale dato, ai suoi apparati, con una funzione propria;
2) la filosofia non produce la storia, ma è prodotta dalla storia. La storia concreta della società è il <<di dietro>> della filosofia, ne decide le forme, la funzione, le linee e gli obiettivi tattici e strategici, generando le ideologie su cui si esercita <<l'effetto filosofia>>;
3) la filosofia non ha compimento. Così come la storia non procede per stadi e fasi, a partire da principi e tendendo ad un fine, così la filosofia è il divenire eterno dei concetti, dei sistemi di integrazione e organizzazione delle ideologie. Se la filosofia non muore, d'altra parte non è neppure la scienza del compimento, di ciò che è (o arriva) ultimo;
4) la filosofia è un campo di battaglia. Nonostante l'aspirazione della filosofia a pacificare il conflitto tra le diverse tendenze ideologiche, è parte e frutto di uno scontro che coinvolge l'insieme della società, a diversi livelli ed in forme diverse;
5) La filosofia non è sul <<ponte di comando>>. La filosofia non è la scienza dei fondamenti ultimi, né è la scienza dei fini ultimi, né ha una preminenza rispetto alla definizione degli oggetti e degli strumenti conoscitivi. La scienza, prima, e la storia stessa e le ideologie, poi, sono i continenti in cui sorge ciò che è reale, ciò che è possibile e ciò che é necessario. La filosofia arriva sempre dopo, portando alla parola ciò che già è presente ed attivo nel teatro della storia, disponendolo, in modo non unitario, in contesti di senso organici e complessivi;
6) la filosofia non ha un oggetto. La filosofia non è la rappresentazione razionale di entità concettuali o fondative, è l'ininterrotta azione di elaborazione delle ideologie mediante il continuo fluire di concetti;
7) la filosofia produce distinzioni. La filosofia pratica cesure che distinguono i diversi ambiti e <<continenti>> (le ideologie, la scienza, la storia, ecc.), ognuno dotato di autonomia relativa, all'interno del contesto storico dato Per questo, parlare in termini di totalità del discorso filosofico è un'assurdità.
Althusser ha ispirato il dibattito filosofico che in Francia ha studiato i processi di costituzione della razionalità[8], riponendo la verità della filosofia nell'agone delle ideologie. Ha immerso la filosofia nel decorso infinito, plurivoco e segmentato della storia, indagando la costituzione materiale del discorso filosofico. Per Althusser la filosofia ha il ruolo centrale di riunificare le ideologie. Questo non significa che è il potere che assicura ad una società la sua permanenza, poiché sono le istituzioni economiche e gli apparati ideologici a farlo, ma che è depositaria dell'immagine complessiva di un'epoca: nei suoi concetti, anche i più astratti, sono i tratti fondamentali di una fase storica che arrivano alla parola, e diventano testo. In questo testo, sempre da riscrivere, le istanze del dominio e quelle della liberazione, le tendenze idealiste e quelle materialiste, si agganciano in costrutti mobili e diversi, seguendo il divenire al limite indeterminato della società. Vero è che la filosofia pretende di essere ordinatrice e regolatrice, portando a compimento definitivamente la storia con la validazione per l'eternità delle ideologie egemoniche. Il dominio è carattere intrinseco della filosofia. Proprio per questo ne è attributo inscindibile la guerra. Nella filosofia si svolge incessantemente il conflitto tra le tendenze, idealiste e materialiste, che rappresentano il dominio, e le tendenze, dai molteplici contenuti, che invece lottano per la liberazione, per la continua produzione di vita.

Althusser di fronte alla filosofia contemporanea
Decentrare e decostruire la filosofia è l'operazione teorica di Althusser. In direzione esattamente opposta procede gran parte della filosofia contemporanea. In essa, possiamo distinguere cinque posizioni principali:
- il pensiero poetante. Attraverso l'uso improprio del linguaggio heideggeriano dell'ascolto dell'essere, si riduce la filosofia l'immagine a un puro succedersi di suggestioni fini a se stesse, a cui poi viene assegnato un valore fondativo[9];
- la filosofia della complessità, in cui l'azione ermeneutica e decostruttrice produce effetti neo scettici, in cui il gioco casuale dei contenuti e dei linguaggi impediscono la posizione di qualsivoglia contenuto che non sia semplice frammento[10];
- le scuole della fine della storia. La chiusura della storia nel capitalismo di fine/inizio secolo è dedotta per conseguenza logica da principi generali di natura ontologica [11];
- la metafisica del linguaggio. La filosofia è l'analisi delle serie linguistiche e delle loro regolarità logiche o strutturali, considerate le uniche realtà effettivamente conoscibili[12];
- il neo pragmatismo, e il contrattualismo, sua variante. La filosofia definisce le regole e i processi regolativi razionali in cui i soggetti stipulano legami di natura essenzialmente giuridica[13].
Gli argomenti di Althusser permettono di ricostruire il rapporto tra tali filosofie e questa fase dello sviluppo capitalistico, con la prospettiva di una proposta filosofica che rispecchi la produzione di pratiche di emancipazione nella composizione continua di concetti aperti.

L'unica tradizione materialista
Una corrente di pensiero ha praticato la medesima strategia filosofica: la tradizione materialista[14]. Althusser cita Epicuro, Machiavelli, Spinoza, Nietzsche, Marx, Heidegger, ed, in ultimo, Derrida. Althusser sembra procedere con il metodo di Georges Politzer[15], autore che Althusser ha citato come suo possibile maestro[16], che aveva contrapposto la tradizione del razionalismo europeo a quella dell'oscurantismo. Politzer incarnava in alcuni pensatori, di diverse periodi, lo sviluppo della giusta linea teorica, contrapposta a quella delle posizioni dei dominanti. In Althusser la tradizione materialista rappresenta non tanto una razionalità valida, che avrebbe nel marxismo il suo compimento, quanto l'espressione della materialità storica del pensiero, il suo far riferimento al corpo diveniente della società, e l'infinita, molteplice e plurivoca azione costruttiva e decostruttiva della filosofia, liberata dalle rigidezze ed unilateralità. Essere materialisti significa abbandonarsi al flusso della storia, all'infinita possibilità dei suoi componenti di incontrarsi in figure differenti e di differente durata, e di dar loro voce nel pensiero.
La filosofia materialista quindi combatte il dominio attaccando le categorie che riducono la storia ad eterno presente: l'origine, il fine, il soggetto.

Spinoza e Marx
La filosofia che Althusser delinea non rinuncia ad una intensità antagonista ed emancipatrice. La filosofia è un corpo concettuale vivente che è parte del corpo materiale della società. La filosofia esprime i diversi quadri tattici in cui si posizionano le ideologie, assumendo e trasfigurando nel concetto la capacità significante dei corpi viventi. Althusser sposa il contenuto centrale del pensiero di Spinoza: non esistendo distinzione ontologica tra pensiero e materia, non è possibile una filosofia al di fuori della società che la esprime. Althusser non separa il pensiero dalla solidità del corpo sociale, li distingue, come Spinoza, riconoscendone l'intima connessione.
Spinoza non riconosce l'esistenza di un corpo senza idea corrispondente. Dunque, ciò che agisce sul corpo agisce parimenti sull'idea per conseguenza diretta. Althusser consegna la filosofia alle azioni e reazioni che accadono nella società, sottolineandone il carattere aperto e diveniente, complesso, dipendente da molteplici fuochi, i cui risultati non sono univoci e stabili, ma innescano sempre nuove evoluzioni definibili solo a posteriori, e sempre parzialmente. Althusser così legge lo spinoziano terzo genere di conoscenza alla luce del carattere finito della filosofia, in termini di <<costanti o invarianti generiche che dir si voglia, le quali affiorano nell'esistenza dei "casi" singolari e ne permettono il trattamento>>[17].
La filosofia finora ha interpretato se stessa come conoscenza totalizzante, mettendosi al potere sulle ideologie e le scienze. Althusser nega alla filosofia tale potere, dando la preminenza a ciò che è alle spalle della filosofia, all'operato e al significato delle pratiche, ed è a Marx che si fa nuovamente riferimento ora.
Marx ha infatti dimostrato che dietro la filosofia esiste la pratica. La pratica limita la filosofia, sia in termini conoscitivi, che fondativi. La pratica, l'azione storica degli aggregati e delle istituzioni sociali, è un oggetto del tutto peculiare che esige categorie proprie. Marx ha scoperto questo continente, la storia, e la scienza corrispondente, con i concetti di rapporto di produzione, di forze produttive, di plusvalore, ecc. La filosofia non verte su quest'oggetto, ma ne subisce l'azione: istituisce l'immagine di una fase storica componendo i significati espressi dalle pratiche in sistemi di relazioni concettuali. La filosofia rivendica la sua assolutezza, poiché sostiene tesi (eternamente) vere, (eternamente) stabili, (eternamente) ultime, ma la pratica la costringe a riposizionamenti continui, all'elaborazione di nuove categorie, di nuovi schemi teorici. Conseguentemente, è la storia che fonda la filosofia, e non viceversa. La filosofia, non lavora su oggetti propri, entità ultime, principi che starebbero alle spalle della storia. La filosofia dispone nel concetto i caratteri che definiscono un'epoca o una determinata fase storica, non è la scienza delle cause prime, né delle leggi eternamente valide, né della soggettività trascendentale.
Marx, spodestando la filosofia, restituisce la storia a se stessa, ai rapporti, ai processi e al movimento dei suoi costituenti. È nel processo di riproduzione della società capitalistica che va cercata la funzione della filosofia., essendo una pratica sociale al pari delle altre. La filosofia crea ideologie, nozioni false che impediscono la cognizione dello sfruttamento capitalistico: la filosofia è parte degli apparati repressivi dello Stato. Ogni filosofia nasce con un preciso mandato politico. Per Marx la storia è la storia del conflitto di classe, dove la filosofia partecipa attestandosi sul proprio fronte, quello dei concetti. Althusser fa reagire le posizioni marxiane con quelle di Spinoza. Il significante è attributo degli individui e della società. L'ideologia è un dato eterno che è tutt'uno con la materialità delle pratiche, parte della costituzione stessa della realtà. L'ideologia non è riducibile al suo significato negativo. Di conseguenza, <<l'effetto filosofia>> è il frutto necessario della tendenza delle ideologie a fondare la propria verità in aggregati articolati di concetti.
D'altra parte, ogni architettura concettuale è soggetta alla azione disgregatrice dei conflitti che dalla società si traspongono al suo interno. Marx, piuttosto che focalizzare una modellistica dei sistemi, ha portato alla luce lo scontro che è organicamente parte della struttura del capitalismo. La differente collocazione nell'ambito dei rapporti di produzione provoca fratture che attentano alla stabilità del sistema. Ogni filosofia, sia essa progressista o reazionaria, porta in sè lo scontro che è alla base della società capitalistica. Traspare in controluce dalle sue categorie, a volte viene fatto proprio esplicitamente, ma più spesso ne è il non - detto.
Nel campo di battaglia filosofico si fanno strada le istanze della liberazione. Come nella storia si organizzano e si mobilitano le forze che spingono per il cambiamento della società, così nascono filosofie che mettono in discussione la filosofia stessa, decostruendone i principi totalizzanti, l'origine, il fine ed il soggetto, e <<mettendosi al servizio>> della libero e mutevole divenire della storia. La prassi della trasformazione sociale ha in esse, il cui avvento è stato preannunziato da Spinoza, in termini teorici, e da Marx, in termini storico - pratici, il suo orizzonte filosofico.

Heidegger e Nietzsche
Althusser cita più volte nei suoi ultimi scritti Heidegger e Nietzsche. Dopo la morte della moglie e le gravi sofferenze morali e psicologiche che ne seguirono, progressivamente Althusser si riavvicinò alla filosofia, proprio leggendo delle opere di Heidegger e Nietzsche. Vi fa esplicito accenno nelle lettere a Fernanda Navarro scritte nell'estate del 1984. Fu fortemente colpito dalle opere dei due autori. Althusser, in alcune frammentarie osservazioni, inserisce Heidegger e Nietzche nella tradizione materialista. Sembra alludere al fatto che tramite loro, avesse potuto mettere a fuoco dei nodi problematici che precedentemente non aveva considerato. Costante, almeno dagli anni '60, era stata in Francia l'attenzione ai due autori tedeschi. Nell'ambiente frequentato da Althusser la lettura di Nietzsche, fatta spesso attraverso le categorie heideggeriane, aveva portato a sviluppi teorici importanti, come la critica radicale alla fenomenologia. Facciamo riferimento qui a Deleuze, a Foucault, a Derrida, ma non solo. Pur nella lontananza e all'inattività cui era costretto dalla malattia, Althusser prende parte al dibattito in corso, rivedendo le sue posizioni. É in questo periodo che elabora il concetto di materialismo aleatorio.
In questi testi non ci sono riferimenti sufficienti per attestare un'influenza di Nietzsche ed Heidegger. Althusser afferma nelle lettere, in alcuni stringati passaggi, che Heidegger ha mostrato i principi fondanti il pensiero metafisico occidentale, l'origine, il soggetto ed il fine. Di Nietzsche, accenna solo di averlo capito facilmente.
Vorremmo proporre alcuni spunti per un confronto tra Althusser, Heidegger e Nietzsche, che potrebbe trovare maggiore approfondimento in studi specifici. [18]
L'ultimo Althusser, Heidegger e Nietzsche sono accomunati dalla ricerca di alcuni obbiettivi teorici:
- una teoria della trasformazione che, prendendo spunto dalle categorie del venire alla presenza e dell'evento, da una parte sia alternativa al determinismo meccanicistico e dello storicismo, e dall'altra renda conto del divenire sovradeterminato e complesso della storia e delle sue istituzioni[19];
- una teoria del pensiero che ne metta in luce l'appartenenza ad un contesto epocale dato, quello che Heidegger chiama l'ascolto dell'essere, essendo il depositario dei suoi tratti fondamentali[20];
- un'ontologia del presente, i concetti che rappresentino il modo d'essere complessivo di una fase storica specifica, nei contenuti culturali, relazionali, produttivi, da cui traggono origine il vero e il non vero. Heidegger chiama alétheia e Nietzsche valore la particolare economia della presenza di un'epoca[21];
- un pensiero del libero divenire, della infinita produzione di vita frutto delle libere aggregazioni dei corpi, la volontà di potenza[22];
- mettere in questione i fondamenti del pensiero occidentale, svelandone i rapporti intrinseci con la società capitalistica matura dell'età della tecnica.
Al di là del debito nei confronti di Heidegger e Nietzsche, questi sono i temi che occupano Althusser nei suoi ultimi interventi filosofici. Invece di un autore rigidamente attaccato agli schemi canonici del marxismo, da essi emerge un pensatore per l'oggi, che non rimuove i problemi della società tecnologica e mediatica attuale, in cui gli apparati di diffusione di valori - immagine costituiscono nuove forme di oppressione e controllo. Gli strumenti che ci offre, ed in particolare una teoria non dialettica della trasformazione, aprono la prospettiva di un sapere della libertà.

Sulla filosofia
Il presente volume è la traduzione italiana del testo pubblicato in Francia nel 1994 per i tipi di Gallimard, collana l'infini, e curato dall'Institut mémoires de l'édition contemporaine (IMEC). In esso sono raccolti l'intervista - saggio concessa da Althusser a Fernanda Navarro, e pubblicata nel 1988 in Messico per le edizioni Siglo XXI Editores. La corrispondenza che Althusser ha tenuto con Fernanda Navarro nel periodo 1984 - 1987, a cui è stata aggiunta una lettera a Mauricio Malamud, professore argentino amico di Althusser, del 1984. Queste lettere sono particolarmente preziose non solo per le informazioni che ci danno sulla condizione e il travaglio di Althusser in quel momento, ma anche perché ci permettono di seguire la gestazione del testo poi pubblicato in Messico. Si noterà la sua estrema puntigliosità nella cura del testo, e i suoi, a volte sorprendenti, ripensamenti.
Il terzo testo è la conferenza di Granada, pronunciata nel 1976 con il titolo la trasformazione della filosofia, dove vengono preannunziati i temi poi sviluppati negli anni '80.
Per più approfondite informazioni editoriali e storiche rimandiamo alle avvertenze e alle note d'edizione, oltre alla presentazione di Fernanda Navarro.