Louis Althusser
L'impensato di Jean-Jaques Rousseau

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Louis Althusser, L'impensato di Jean-Jacques Rousseau

recensione di Andrea Cavazzini

Il volume è la prima traduzione italiana di due contributi althusseriani sulla filosofia politica dell'età classica: il primo è un lungo saggio sul Contratto Sociale apparso nei Cahiers pour l'analyse, il secondo una breve recensione di un libro di Raymond Polin su Locke. Qui limiteremo la nostra attenzione al saggio roussoviano, che dà il titolo al volume.
Althusser legge il Contratto Sociale attraverso l'analisi dei suoi "scarti" (décalages) teorici, i quali organizzano il dispositivo concettuale dell'opera ed al tempo stesso segnano la presenza delle aporie oggettive da cui essa è attraversata: aporie che rilevano da ultimo dal rapporto tra la realtà storica e la razionalità teoretica. Se in un'ottica hegeliana la realtà è contenuta senza residui nella razionalità, che ne è lo specchio fedele, nella prospettiva sintomatologica (marxista e psicanalitica) di Althusser la storia resiste alla riscrittura concettuale, e la teoria deve elaborare strategie di contenimento per occultare questa resistenza. La realtà diventa il reale, e la razionalità diventa razionalizzazione. La razionalità pretende di offrirci la visione della realtà in trasparenza, ma il reale può apparire soltanto nei sintomi, cioè nelle crepe della razionalizzazione che vorrebbe occultarne l'irriducibilità all'esplicitazione nell'ordine simbolico della teoria. I sintomi sono gli scarti stessi della costruzione teorica.
Il Contratto Sociale si vuole soluzione di un'aporia storica. Le forze a disposizione dell'umanità sono cresciute a dismisura nel corso della storia e nel cammino della civilizzazione. Poiché questa crescita ha avuto luogo in condizioni di disuguaglianza, ad un certo punto essa minaccia la conservazione stessa del genere umano. L'accaparramento esclusivo delle terre ha prodotto la divisione conflittuale tra gli uomini (ricchi/poveri, padroni/schiavi), ed ha al tempo stesso costituito l'uomo come titolare di un interesse particolare (sviluppo sociale dell'amor proprio naturale), opposto ad altri interessi particolari. L'interesse particolare è prodotto da rapporti sociali conflittuali che, generalizzati in uno stato di guerra universale, minacciano la vita, la libertà, la proprietà, quindi l'interesse particolare stesso. Questa contraddizione può condurre all'estinzione del genere umano se quest'ultimo non cambierà la propria "maniera di essere".
Partendo da tale problema (la risoluzione della conflittualità sociale), il Contratto Sociale produce una serie di scarti che costituiscono l'architettura della trama concettuale con cui Rousseau cerca di dominare le contraddizioni reali. Althusser individua quattro scarti; gli scarti I-II si danno tra livelli puramente teoretici, gli scarti III-IV tra il livello teorico come tale e il reale. Questi ultimi governano i primi due. Lo Scarto I riguarda il contratto che dà vita al Corpo Sovrano mediante l'alienazione totale dei singoli alla comunità, da cui ognuno riceve in cambio la sicurezza di cui non godeva nello stato di guerra. Lo scarto qui è tra la forma-contratto e il contenuto dell'alienazione. Un contratto è un do ut des tra soggetti indipendenti, già dati prima dell'atto contrattuale. Ma qui un contraente (il Corpo Sovrano) non esiste prima che gli individui gli alienino tutti i loro diritti. Eppure questa alienazione viene espressa come uno scambio tra gli individui e la Comunità, la quale dovrebbe nascere solo come effetto del Contratto. In realtà, l'alienazione dei singoli nel Corpo Sovrano non è un contratto. Gli individui si annichiliscono per rinascere come Comunità: per questa alienazione non c'è contropartita, non esiste un do ut des perché non c'è reciprocità. In effetti, non ci sono nemmeno due soggetti coinvolti: l'alienazione è puramente interiore: le categorie giusprivatistiche dello scambio e del contratto non sono adeguate al contenuto dell'atto.
Lo Scarto II reintroduce lo scambio: è uno scarto tra il contenuto teorico della costituzione del Corpo Sovrano e l'affermazione che, nell'alienazione totale, l'individuo vede garantito il proprio interesse. A rigore, se l'alienazione è questo atto privo di controparte e dunque di contropartita, gli interessi dei singoli non possono essere garantiti: il darsi alla comunità dovrebbe trascenderli ed esser loro incommensurabile. Lo scarto che li reintroduce di fatto nega l'assolutezza dell'alienazione, e vincola la costituzione ed il primato della comunità alla tutela degli interessi privati. I primi due scarti hanno per effetto la conciliazione (teorica) tra universale e particolare, tra individuo e comunità. Le condizioni di questo effetto sono date dal "gioco" sulla natura del Contratto. È però negli scarti III e IV che si trovano le ragioni per cui è necessario tentare questa armonizzazione forzata.
Lo scarto III riguarda il rapporto tra interesse (volontà) generale e interesse (volontà) particolare: l'interesse particolare, "la preferenza accordata a se stessi", è il fondamento del generale. Senza di esso, non vi potrebbe essere l'alienazione che, come sappiamo, istituisce la comunità per proteggere l'interesse dei singoli. Ma l'interesse particolare è anche l'ostacolo alla formazione della volontà generale, tanto che il Corpo Sovrano, per esistere, deve cancellare ogni differenziazione al proprio interno, eliminando gruppi, partiti, sindacati, sette, ecc. Althusser sostiene che qui Rousseau chiama con un stesso nome due oggetti differenti: l'interesse particolare di ogni singolo individuo isolato, e l'interesse particolare di un gruppo sociale concreto sottomesso a specifiche condizioni sociali di esistenza. Il primo "interesse" non è realmente in contrasto con la volontà generale, anzi, ne è il presupposto; il secondo, invece, la mina irreparabilmente. Questa scissione nel concetto è sintomo di uno scarto tra la teoria ed il reale. Rousseau costruisce una "particolarità" compatibile con la volontà generale, mentre la reale particolarità degli interessi resta un impensato ­e come tale affiora in uno sintomo. Il risultato è che la realtà del conflitto sociale viene occultata dalla polarità di due costruzioni mitiche che si sostengono a vicenda, (l'interesse dell'individuo isolato e la volontà generale), la cui funzione è appunto quella di nascondere che non vi sono individui isolati, né una volontà generale, ma solo conflitti di classe: che, come tali, non sono né individuali né generali, ma transindividuali.
Rousseau demonizza la "particolarità" reale dei conflitti e concilia quella immaginaria dei singoli con un altrettanto immaginario interesse generale. Questa conciliazione riproduce esattamente ciò che Rousseau individua come la strategia di dominio propria agli originari accaparratori delle terre: la dialettica tra l'individuo atomico, originariamente padrone di se stesso, e l'interesse generale nasconde il fatto che alcuni uomini sono padroni di altri, e quindi hanno interessi oggettivi differenti. Il Contratto Sociale finisce con la stessa mistificazione (l'occultamento di una conflittualità immanente ai rapporti sociali) da cui ha avuto inizio lo stato di cose che vorrebbe risolvere. L'ultimo scarto istituisce due soluzioni immaginarie al problema del conflitto sociale: la piccola proprietà indipendente per assicurare l'autonomia dei singoli, e l'educazione (la religione civile) per garantire l'unità della Volontà Generale. Il velleitarismo di queste proposte denuncia che la teoria politica qui incontra i suoi limiti, cioè l'incoercibilità della lotta di classe quale impensato di ogni teoria delle condizioni di equilibrio della vita sociale.
Secondo Althusser, la soluzione ideologica dell'educazione popolare "va all'infinito". Qui possiamo trovare una chiave per l'interpretazione "totalitaria" di Rousseau, che Althusser non tratta direttamente. L'ideale di una coesione sociale impossibile si muta nell'ossessione di una pratica di indottrinamento supposta produrre l'unità e l'uniformità del popolo. Poiché si tratta di un'unità immaginaria, la realtà le è sempre inadeguata, e ciò produce una tensione verso un controllo sempre più stretto su costumi, azioni, parole e pensieri. La tentazione totalitaria sembra dunque immanente al misconoscimento della lotta di classe: è una fuga in avanti volontarista mossa dalla negazione di un conflitto immanente alla società. Più che un prodotto delle "ideologie", il totalitarismo sembra essere il sogno proibito di ogni teoria (anche "democratica") della composizione armoniosa degli interessi.
Tuttavia, Althusser nota (in una variante espunta dall'articolo definitivo) che Rousseau fornisce anche un contravveleno all'assolutizzazione dell'ideologia in cui sfocia il Contratto Sociale. Perché per il Ginevrino la storia è sempre alcunché di precario e contingente, un tessuto di rapporti di forza e di congiunture singolari e irriducibili. Quindi, le possibilità di instaurare realmente un ordine sociale quale quello descritto nel Contratto sono quanto mai scarse: le condizioni a ciò favorevoli non saranno mai riunite tutte assieme al momento giusto in un unico luogo. Nella storia, dobbiamo cavarcela con i materiali offerti dalle circostanze. Questo è l'ultimo irrompere del reale nella teoria, tanto più radicale in quanto esso determina un'altra teoria. La teoria della politica rimuoveva il reale in una totalizzazione immaginaria, provocandone il ritorno sintomatico; la teoria della storia esplicita il contenuto del sintomo, che è la resistenza del reale alle conciliazioni teoriche. Ma con ciò appunto entriamo in un altro universo teorico ­quello marxista, in cui la ricerca delle istituzioni "giuste" e durature è sostituita dalla conoscenza del rapporto tra le forme politiche e le condizioni storiche del conflitto sociale. Alla ricorrente accusa secondo cui il marxismo non ha una teoria politica, Althusser sembra aver risposto che infatti è così, ma che non per questo il marxismo non ha nulla da dire sulla politica ­il marxismo è una teoria della storia, e la storia, come mostrano le aporie di Rousseau, è l'anomalia del Politico.