Nota all’edizione italiana

 

La pubblicazione in “Althusseriana” de Le vacche nere prosegue la presentazione in lingua italiana degli aspetti direttamente politici del percorso di Louis Althusser, iniziata con il libro di Irene Viparelli, Oltre i limiti di Marx. Un confronto tra Negri e Althusser (Milano, Mimesis, 2017).

Parlando di “aspetti direttamente politici”, vogliamo ricordare che Althusser, “decostruttore” radicale del testo di Marx e dei limiti intellettuali delle posizioni ufficiali delle organizzazioni comuniste, ha sempre concepito il suo lavoro come un intervento teorico-politico nella congiuntura, in particolare nell’unica organizzazione politica capace ai suoi occhi di produrre una trasformazione strutturale nella società, cioè il Partito Comunista Francese, a sua volta indissociabile dal contesto (internamente conflittuale) del movimento comunista internazionale.

Se i testi più celebri degli anni Sessanta e i frammenti usciti postumi hanno potuto restituire l’immagine di un Althusser teorico originale i cui contributi restano essenzialmente epistemologici, la moltiplicazione degli studi sulla storia del comunismo novecentesco, divenuti da più di una decina d’anni un fenomeno intellettuale internazionale, ha contribuito a correggere alcuni aspetti di questa ricezione.

Althusser può quindi riapparire oggi come un testimone decisivo del divenire del movimento comunista: non un intellettuale critico “esterno”, ma il fautore di una paradossale “ortodossia a contro-corrente”, un intellettuale militante del Partito Comunista Francese, che ha saputo porre delle domande ai processi politici a cui ha assistito e partecipato, al fine di formulare delle critiche rispetto a questa parte decisiva della storia del Novecento, e di influenzarne gli sviluppi. La pubblicazione di numerosi (e voluminosi) inediti, che deve molto alla benemerita attività editoriale di G. M. Goshgarian, permette ormai di documentare un’intensa attività “di fronda” condotta da Althusser e da persone a lui vicine all’interno del PCF: un’attività che le tensioni della congiuntura, i limiti interni delle posizioni di Althusser, e l’irreformabilità del Partito hanno reso all’epoca invisibile pubblicamente e destinata a diventare accessibile nella sua complessità solo qualche decennio più tardi.

Si può dire che l’intenzione politica unitaria degli interventi di Althusser e delle sue posizioni teoriche si costruisce a partire dal tentativo di disseppellire l’“inconscio” del movimento comunista del XX secolo, rivelando il modo in cui i successivi tentativi di riformarlo si siano limitati a curare i sintomi della sua crisi – apertasi con la Seconda Internazionale ed esplosa (e rimossa) nel periodo staliniano – riproducendone però le cause. Le vacche nere costituisce un momento culminante – significativamente destinato a restare inedito – di questo intervento diretto nei dibattiti politici del PCF a partire dalla metà degli anni ’70, quando prende piede il tentativo “eurocomunista” di tracciare una “via occidentale” verso il socialismo, tentativo che informa la strategia di “Union de la gauche”. Questo tentativo conduce il PCF ad affermare la “consustanzialità” di socialismo e democrazia, a concepire l’alleanza con la piccola e media borghesia come base della costituzione di un nuovo soggetto politico capace di opporsi all’élite monopolistica, in modo da aprire la strada a una forma di “democrazia avanzata”, primo passo verso il socialismo, e costituirsi in “partito di governo”, rappresentante della parte più cosciente e rivoluzionaria di questo variegato soggetto. Ne risulta una concezione della transizione che rimpiazza la lotta di classe in quanto lotta di massa per la trasformazione delle strutture sociali con una trasformazione “dall’alto”, attraverso l’uso del potere di Stato, per democratizzare gli apparati di Stato e nazionalizzare alcune imprese chiave.

Secondo Althusser, queste posizioni si riassumono nel tentativo da parte della direzione del Partito di sbarazzarsi delle pratiche staliniane abbandonando, con una decisione amministrativa essa stessa tipicamente staliniana, il concetto di dittatura del proletariato, peraltro da essa mal compreso. Le vacche nere si sforza al contrario di conferire a questo concetto uno statuto teorico-politico di prim’ordine.

Il discorso che Althusser sviluppa ne Le vacche nere non è sempre formulato senza reticenze e con la radicalità richiesta dalla situazione: nondimeno, pur tra gli eufemismi tattici e le resistenze inconsce a prendere la misura del conflitto con il Partito, tale discorso elabora alcuni punti di grande importanza che gli anni e i decenni successivi confermeranno come profetici.        

Secondo Althusser, la svolta “socialdemocratica” del PCF non è che un avatar dello stalinismo, del tutto compatibile con l’aggravarsi dei metodi autoritari nel Partito e con la manipolazione senza scrupoli della parola dei militanti. Althusser “riscopre” dunque le conclusioni delle Nuove Sinistre degli anni ’60: l’analisi dell’unità tra opportunismo e verticismo, il riconoscimento del primato di un quadro internazionale segnato da una guerra civile mondiale tra il sistema capitalista e l’ipotesi del comunismo e dalle divisioni interne al campo comunista…

Ma emerge nel discorso anche un fenomeno ancora più enigmatico e inquietante: l’incapacità del Partito ad afferrare la “situazione concreta” sulla base di una prospettiva strategica comunista, la tendenza ad orientarsi sulla base di “idee” vaghe, presumibilmente in sintonia col sentire popolare, ma che si limitano in realtà a sopperire a un’assenza di “pensiero”. Althusser vede dunque, e cerca di combattere, la degenerazione irreversibile delle organizzazioni comuniste, l’evidenza ineluttabile del fatto che sempre meno esse costituiscono un luogo di rottura sistematica con l’ideologia dominante, in cui quegli individui ordinari che sono i militanti possono instaurare un rapporto non passivo all’azione e al pensiero e accedere alla loro “potenza d’agire”; cioè che sempre meno esse incarnano l’eccezione e la rottura nei confronti di rapporti capitalistici divenuti “gabbia d’acciaio”.

Di queste tensioni e di queste impasses, che determinano ancora quelle del presente, Le Vacche nere costituisce un documento, forse privo di risposte, ma certamente degno di domande.

 

Fabio Bruschi, Andrea Cavazzini, Maria Turchetto