1 L'avenir dure longtemps suivi de Les faits. Autobiographies [1985 e 1976], Stock/Imec, Paris 1992, p. 168 [tr. it. L'avvenire dura a lungo seguito da I fatti. Autobiografia, Guanda, Parma 1992, p. 185].
2 Si veda la chiusa delle presente traduzione.
3 Sappiamo che questo proposito ha dato forma, sin dall'inizio, all'intervento filosofico althusseriano, che si è espresso, in modo particolare, in Pour Marx, Maspero, Paris 1965 [tr. it. Per Marx, Ed. Riuniti, Roma 1967] e nei due saggi contenuti in Lire le Capital, Maspero, Paris 1965 [tr. it. parziale Leggere il Capitale, Feltrinelli, Milano 19712; contiene i due saggi althusseriani e quello di Balibar].
4 L'avenir dure longtemps, cit., p. 215 [tr. it. cit., p. 235]. E ancora: <<effettivamente, volevo che si abbandonassero le tesi impensabili del materialismo dialettico, il "dia-mat", che regnavano allora come dominatrici assolute su tutti i partiti comunisti occidentali (...). Consideravo che era un'aberrazione credere - e imporre la credenza - che si potesse dedurre direttamente la scienza e addirittura l'ideologia e la politica marxiste-leniniste dall'applicazione in termini scientifici e politici delle supposte "leggi" di una presunta dialettica. Sostenevo che la filosofia non interviene mai direttamente, se non attraverso l'ideologia. (...) Non credo di esagerare dicendo che la strategia politica di Stalin e tutta la tragedia dello stalinismo sono state, in parte, causate dal "materialismo dialettico", mostruosità filosofica destinata a giustificare il potere e a servirgli da garanzia - schiacciando l'intelligenza. Inoltre è importante segnalare che Marx non ha mai utilizzato il termine "materialismo dialettico", questo "logaritmo giallo", come amava chiamare le assurdità teoriche. (...) Una vera concezione materialista della storia implica l'abbandono dell'idea che la storia sia retta e dominata da leggi che è sufficiente conoscere e rispettare, perché si possa trionfare sull'antistoria>> (Sur la philosophie, Gallimard, Paris 1994; tr. it. Sulla filosofia, Unicopli, Milano 2001, pp. 40-1).
5 Cfr. Éléments d'autocritique, Hachette, Paris 1974, ora in Solitude de Machiavel et autres textes, Puf, Paris 1998, pp. 159-97 [tr. it. Elementi d'autocritica, Feltrinelli, Milano 1975, pp. 7-43]. Ma riguardo al "teoricismo" l'autocritica è già presente nel 1967 (cfr. Al lettore italiano, introduzione a Leggere il capitale, cit., p. 8).
6 Parlando di questi anni Althusser scrive: <<riflettendo sugli stretti limiti in cui avevamo lavorato su Marx e sul marxismo, e per trarre dalla mia autocritica antiteoricista le sue conseguenze pratiche, proposi di costituire un gruppo di ricerca non più per studiare una data teoria sociale o politica, ma per raccogliere elementi ampiamente comparativi sul tema del rapporto materiale aleatorio fra, da una parte, i "movimenti popolari" e, dall'altra, le ideologie che essi si sono dati o di cui sono stati investiti e, infine, sulle dottrine teoriche che li hanno rivestiti>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 238; tr. it. cit., p. 258).
7 Per una panoramica si veda E.J. Hobsbawm, Il marxismo oggi: un bilancio aperto, in Storia del marxismo, Einaudi, Torino 1982, vol. IV, pp. 3-52.
8 Così si esprime nell'autobiografia a seguito dell'effetto dei suoi interventi ne La Nouvelle Critique e ne La Pensée, che <<avevano prodotto effetti politici>> tanto che Georges Marchais gli chiese un colloquio: <<è fin troppo chiaro che in tal modo realizzavo nel Partito il mio desiderio di iniziativa personale, il mio desiderio di opposizione indomita alla direzione e all'apparato, ma in seno al Partito stesso, vale a dire "dentro" la sua protezione. In effetti, non mi sono mai messo in condizione - salvo forse nel 1978, ma chissà? - di correre davvero il rischio di venirne cacciato>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 191; tr. it. cit., p. 209-10). Ma per la ricostruzione del ruolo del Partito in tutto il periodo 1940-47 si veda ivi, pp. 184-9 [tr. it. cit., pp. 202-7].
9 <<Nel maggio-giungo 1968, molti operai di molte fabbriche credevano nella rivoluzione effettiva, l'aspettavano, e per farla aspettavano soltanto una parola d'ordine del Partito. Si sa cosa successe. Il Partito, come sempre dopo aver perso parecchi treni e terrorizzato dai movimenti di massa - capiva che questi ultimi erano in mano degli estremisti (ma di chi era la colpa?) -, fece di tutto per impedire che, nei violentissimi scontri, i gruppi studenteschi si unissero all'ardore delle masse operaie impegnate allora nel più lungo sciopero di massa della storia mondiale, e arrivò perfino a organizzare cortei separati. Il Partito organizzò in realtà la disfatta del movimento di massa (...). Per timore delle masse, per timore di perderne il controllo (questa permanente ossessione del primato dell'organizzazione sui movimenti popolari), e di sicuro anche per conformarsi (...) ai timori dell'Urss - che, nella sua strategia mondiale, preferiva la sicurezza conservatrice di De Gaulle all'imprevedibilità di un movimento di massa rivoluzionario che poteva (e non era utopistico) fornire il pretesto per un intervento politico se non addirittura militare degli Usa, minaccia alla quale l'Urss non era in grado di far fronte - il Partito fece tutto il possibile - e l'esperienza provò che la sua forza d'organizzazione e di inquadramento politico e ideologico non era allora una parola vana - per spezzare il movimento popolare e convogliarlo verso semplici trattative economiche>> (L'avenir dure longtemps, cit., pp. 223-4; tr. it. cit., pp. 242-3).
10 Maspero, Paris 1977, pp. 41-2, 48, 53-4, 68.
11 Ora in Solitude de Machiavel, cit., pp. 267-80; cit. da pp. 270, 275-8 [tr. it. Finalmente qualcosa di vitale si libera dalla crisi e nella crisi del marxismo, in Il Manifesto, Potere e opposizione nelle società postrivoluzionarie - una discussione nella sinistra, Alfani, Roma 1978]. Per la concezione staliniana della storia si veda J. Stalin, Del materialismo dialettico e del materialismo storico [1938], in Questioni di leninismo, Edizioni in lingue estere, Mosca 1948, pp. 646-77.
12 Lo slegamento politico, in Metapolitica, Cronopio, Napoli 2001, pp. 83-92; cit. da pp. 84-5.
13 In Discutere lo Stato. Posizioni a confronto su una tesi di Louis Althusser, De Donato, Bari 1978, pp. 7-21. La versione francese definitiva, a cui faccio riferimento, è Le marxisme comme théorie <<finie>>, in Solitude de Machiavel, cit., pp. 281-96; cit. da pp. 285-91. Gli "apparati ideologici di Stato" rinviano al celebre saggio Idéologie et appareils idéologique d'Etat, "La Pensée", 1970, 151 [tr. it. Ideologia e apparati ideologici di Stato. Note per una ricerca, in Freud e Lacan, Ed. Riuniti, Roma 1977, pp. 65-123], ma anche a un testo meno noto, pubblicato solo di recente, ma risalente al biennio 1969-70, intitolato Sur la reproduction, Puf, Paris 1995 [tr. it. Lo Stato e i suoi apparati, Ed. Riuniti, Roma 1997]. Una buona definizione di cos'è ideologia per Althusser ci dice che essa <<non è l'esito della visione di un occhio che deforma il mondo, non è una rappresentazione che nasce in un soggetto che erra nel suo guardare l'oggetto, bensì è l'effetto di deformazione che l'oggetto produce nel soggetto, o meglio (...) è la rappresentazione immaginaria, prodotta da una pratica e da una ritualità sociale, che l'individuo ha di sé: l'ideologia cioè consiste nell'apparato collettivo che induce l'identità fallace del soggetto individuale, il quale, proprio nel concepirsi come un "soggetto" capace di dar senso e forma alla vita a partire dal proprio autonomo sé, è, per definizione, un falso soggetto. Ma per altro è termine che torna a far proprio l'originario significato di falsa coscienza. Giacché, se - analogamente a Gramsci - l'ideologia non è effetto che si consuma nel foro interiore della rappresentazione individuale, m implica una sua tessitura interpersonale, pubblica, istituzionale, per Althusser essa - diversamente da Gramsci (...) - è luogo di un radicale misconoscimento. (...) In tale prospettiva, gli Apparati ideologici di Stato (Ais) hanno lo scopo precipuo di consentire la riproduzione e la disponibilità costante, sul mercato, della forza-lavoro: riproduzione non materiale, cui provvede l'erogazione del salario, ma propriamente culturale, attinente cioè alla produzione e riproduzione della coscienza della forza-lavoro, quanto alla sua subalternità e alla sua accettazione dei rapporti sociali, ossia del modo in cui, secondo asimmetria e disuguaglianza, classi e gruppi sociali si rapportano alla proprietà, all'uso e alla distribuzione della ricchezza. Gli Ais svolgono dunque il compito di "assoggettare" idealmente, cioè senza costrizione fisica (...) la forza-lavoro - e con essa la società tutta - alle regole del rispetto dell'ordine economico dato. (...) L'ideologia (...) funziona sempre allo stesso modo: propriamente attraverso la figura di una falsa soggettività che immagina di essere padrona della sua vita, la quale è invece mossa e determinata da un complesso di strutture che è un campo di azioni e reazioni senza soggetto. L'ideologia, nel suo carattere di trascendentale onnipresente nella storia dell'uomo, consiste nell'intendere come processo di un soggetto ciò che in realtà è un processo senza soggetto>> (R. Finelli, Una soggettività immaginaria, introduzione a Lo Stato e i suoi apparati, cit., pp. XXII-XXIII, XXV).
14 Maspero, Paris 1978 [tr. it. Quel che deve cambiare nel partito comunista, Garzanti, Milano 1978, pp. 7-106; cit. da pp. 13-5, 18-20, 23, 62, 80-2, 91-2]. Il riferimento a Machiavelli è esplicito, dato che proprio lui <<l'ha dimostrato assai bene: sono le fortezze i punti più deboli di ogni dispositivo militare>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 173; tr. it. cit., p. 190); infatti, <<sono, dunque, le fortezze utili o no, secondo e' tempi; e, se le ti fanno bene in una parte, ti offendano in un'altra. E puossi discorrere questa parte così. Quel principe che ha più paura de' populi che de' forestieri, debbe fare le fortezze; ma quello che ha più paura de' forestieri che de' populi, debbe lasciarle indietro. (...) Però la migliore fortezza che sia, è non essere odiato dal populo; perché, ancora che tu abbi le fortezze et il populo ti abbi in odio, le non ti salvono; perché non mancono mai a' populi, preso che li hanno l'armi, forestieri che li soccorrino. (...) Considerato, adunque, tutte queste cose, io lauderò chi farà le fortezze e chi non le farà, e biasimerò qualunque, fidandosi delle fortezze, stimerà poco essere odiato da' populi>> (N. Machiavelli, Principe, XX, in Il Principe e Discorsi, Feltrinelli, Milano 1960).
15 In Solitude de Machiavel, cit., pp. 297-310; cit. da pp. 304-7 [tr. it. Il marxismo oggi, in Quel che deve cambiare, cit., pp. 107-26].
16 Le marxisme comme théorie <<finie>>, cit., p. 290. <<Perché in fondo, cosa animava Machiavelli se non, ben prima di Èernyöevskij e di Lenin, il problema e la domanda: che fare? E cosa ci indicava già Machiavelli, se non il fatto capitale che, sotto la figura stessa del Principe, i partiti politici, fra cui il Pcf, sono parti integranti dell'apparato ideologico di Stato, l'apparato politico ideologico costituzional parlamentare, con tutto ciò che questo implica nella formazione ideologica della masse popolari, che votano e "credono", complice il Partito, al suffragio universale? Certo, per Machiavelli non c'è suffragio universale, ma c'è l'apparato ideologico di Stato del tempo, costituito dall'immagine pubblico-popolare del personaggio del Principe>> (Althusser, L'avenir dure longtemps, cit., p. 234; tr. it. cit., p. 254). E ancora: <<perché il potere della classe dominante duri, lo sappiamo a partire da Machiavelli, occorre che da violento si trasformi in consensuale>> (Sulla filosofia, cit., p. 74).
17 Cfr. A. Negri, Pour Althusser. Notes sur l'évolution de la pensée du dernier Althusser, in Futur antérieur, Sur Althusser. Passages, L'Harmattan, Paris 1993, pp. 73-96; cit. da p. 76.
18 Cfr. L'avenir dure longtemps, cit., pp. 217-9 [tr. it. cit., pp. 236-8].
19 Solitude de Machiavel (conferenza tenuta l'11 giugno 1977) ora in Solitude de Machiavel, cit., pp. 311-24, cit. da pp. 314-7, 320-1. Non è certo questo il luogo per tentare una lettura complessiva dell'interpretazione althusseriana di Machiavelli che non può prescindere dalla decifrazione della terminologia usata (l'impiego dell'aggettivo "nazionale", ad esempio, richiederebbe qualche spiegazione, dato che falsifica del tutto la prospettiva machiavelliana e dipende fortemente dalla lettura risorgimentale italiana e poi gramsciana di Machiavelli). Mi limito quindi a esporre quanto ritengo indispensabile per collocare Machiavelli nella prospettiva del discorso teorico e politico che Althusser svolge tra il '77 e il '78.
20 In Machiavel et nous, che raccoglie una serie di materiali, redatti attraverso continue rielaborazioni, tra gli anni 1971-72 e 1975-76; per i complessi problemi di datazione rimando alle pagine introduttive del testo che si trova in Écrits philosophiques et politiques, tome II, Stock/Imec, Paris 1995, pp. 39-168; cit. da pp. 46-7 [tr. it. Machiavelli e noi, Manifestolibri, Roma 1999].
21 Solitude de Machiavel, cit., p. 321.
22 Anche qui bisognerebbe sciogliere il nodo in cui Althusser s'avviluppa, perché il "popolo" di una "nazione", non è certo il "popolo" di cui parla Machiavelli!
23 Solitude de Machiavel, cit., p. 323.
24 Sur Marx et Freud (finito probabilmente nel dicembre del 1977) in Écrits sur la psychanalise. Freud et Lacan, Stock/Imec, Paris 1993, pp. 222-45, cit. da p. 230 [tr. it. parziale, Marx e Freud, in Quel che deve cambiare, cit., pp. 127-42].
25 L'accostamento Machiavelli-Marx è frequente in Althusser: si vedano almeno Solitude de Machiavel, cit., p. 323 e nella presente traduzione il cap. 7. Il parallelo tra il manifesto-Principe e il Manifesto di Marx e Engels è svolto nel modo più compiuto in Machiavel et nous, cit., pp. 62-77.
26 In Solitude de Machiavel, cit., pp. 199-236, cit. da p. 205; con qualche taglio e alcune modifiche il testo fu pubblicato col titolo Est-il simple d'être marxiste en philosophie?, "La Pensée", 1975, 183 e poi riproposto in Positions, Editions Sociales, Paris 1976 [tr. it. È facile essere marxista in filosofia? Discussione di Amiens, in Freud e Lacan, cit., pp. 125-72].
27 <<...bisogna farla finita con una divisione sospetta, che in un colpo solo tratta i politici da subalterni, cioè come non-filosofi o filosofi della domenica, e cerca la politica dei filosofi solo nei testi nei quali essi vogliono parlare proprio di politica. Da una parte (...) ogni politico, anche se non dice quasi nulla sulla filosofia, come Machiavelli, può essere filosofo nel senso forte del termine, e, dall'altra, ogni filosofo, anche se non dice quasi nulla sulla politica, come Descartes, può essere politico in senso pieno, dato che la politica dei filosofi, cioè la politica che costituisce le filosofie in quanto filosofie, è ben altra cosa dalla concezione politica dei loro autori. Perché, se la filosofia è, in ultima istanza, lotta di classe nella teoria, la politica che costituisce la filosofia (così come la filosofia che sostiene il pensiero dei politici) non si identifica con tale o talaltro episodio della vita politica e nemmeno con le prese di partito politico degli autori. La politica che costituisce la filosofia riguarda e ruota attorno a tutt'altra questione: quella dell'egemonia ideologica della classe dominante, che si tratti di costituirla, di rinforzarla, di difenderla o di combatterla>> (Soutenance, cit., p. 202).
28 Machiavel et nous, cit., pp. 59-60.
29 Solitude de Machiavel, cit., p. 324, note l e v.
30 Cfr. Sul materialismo aleatorio, Unicopli, Milano 2000, in particolare pp. 55-180.
31 Solitude de Machiavel, cit., p. 315.
32 Pour Althusser, cit., p. 77.
33 <<Non credo al volontarismo nella storia>>, scrive Althusser ne L'avenir dure longtemps, cit., p. 218 [tr. it. cit., p. 238].
34 Cfr. le osservazioni contenute in P. D'Alessandro, Darstellung e soggettività (saggio su Althusser), La Nuova Italia, Firenze 1980, almeno pp. 76-133.
35 Solitude de Machiavel, cit., p. 315.
36 La <<formula della storia e della verità come processo senza soggetto (originario, fondatore di ogni senso) e senza fini (senza destinazione escatologica prestabilita)>> significa <<proprio pensare da materialista>>, perché esprime il rifiuto <<di pensare il fine come causa originaria (nel rimando speculare dell'origine e del fine)>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 210; tr. it. cit., p. 229).
37 Cfr. Machiavel et nous, cit., p. 47. Cfr. anche: <<la Storia è proprio un "processo senza Soggetto né Fine(i)", le cui circostanze date, nelle quali gli "uomini" agiscono da soggetti sotto la determinazione di rapporti sociali, sono il prodotto della lotta di classe. La storia non ha dunque, nel senso filosofico della parola, un Soggetto, ma un motore: la lotta delle classi>>: l'uomo, dunque, <<è un mito tipico dell'ideologia borghese>> (Réponse à John Lewis, Paris, Maspero 1973; tr. it. Umanesimo e stalinismo. I fondamenti teorici della deviazione staliniana, De Donato, Bari 19772, pp. 135, 41-2). Ciò significa <<riconoscere che l'antiumanismo teorico era il solo ad autorizzare un reale umanismo pratico>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 177; tr. it. cit., p. 195). Sul "motore" si vedano i capp. 10 e 13 della presente traduzione.
38 <<Aborrivo ogni filosofia che pretendesse di fondare trascendentalmente a priori un qualsivoglia senso e una qualsivoglia verità su uno strato originario, per pre-categoriale [anté-prédicative] che fosse>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 171; tr. it. cit., p. 188).
39 <<Nullam rem e nilo gigni divinitus umquam>> (Lucrezio, De rerum natura, Rizzoli, Milano 200010, lib. I, v. 150).
40 Vittorio Morfino ha ben riassunto le caratteristiche e le funzioni del vuoto nel pensiero althusseriano improntato da quello di Machiavelli: <<1) (...) Questo vuoto non è un punto di partenza bensì di arrivo ed è legato a un'azione precisa: si tratta, attraverso la conoscenza, di fare il vuoto, ma un vuoto tuttavia che non è assoluto (...). 2) (...) Il vuoto è l'assenza radicale di Dio, di ogni garanzia di stabilità per l'essere (...). 3) Il vuoto inteso come possibilità di movimento, come congiuntura favorevole, come assenza di ostacoli per l'azione (...). 4) Infine il vuoto come distanza, come luogo a partire da cui è possibile tracciare una linea che permetta di dominare momentaneamente l'affrontarsi delle forze (...)>> (Il materialismo della pioggia di Louis Althusser. Un lessico, in Incursioni spinoziste, Mimesis, Milano 2002, p. 153).
41 Machiavel et nous, cit., p. 46.
42 Ivi, pp. 65, nota 1, 57-9. Ricordo che "effective" è il modo in cui la traduzione francese del Principe utilizzata da Althusser (Oeuvres complètes, Pléiade) rende "effettuale".
43 <<Lo scarto che dà luogo a un'utopia non è lo scarto tra la ristrettezza del contenuto politico e sociale vigente e l'universale illusione necessaria dell'ideologia morale, ma lo scarto tra un compito politico necessario e le sue condizioni di realizzazione, che sono, a un tempo, possibili e pensabili, ma anche impossibili e impensabili perché aleatorie. (...) Essa si confonde con lo sforzo di Machiavelli per pensare le condizioni di possibilità di un compito impossibile, per pensare l'impensabile. Dico proprio per pensare e non per immaginare, per sognare, per trovare soluzioni ideali>> (ivi, p. 100-1).
44 <<Penso che in Althusser non vi sia, e non possa esservi, teoria del soggetto. Per Althusser ogni teoria procede per concetti. Ora, "soggetto" non è un concetto. (...) Non c'è soggetto, poiché ci sono solo processi. (...) Il vero pensiero del processo è detenuto da chi pratica la politica>> (Badiou, Althusser: il soggettivo senza soggetto, in Metapolitica, cit., pp. 73-81; cit. da pp. 74-5).
45 Machiavel et nous, cit., p. 63.
46 Negri, Pour Althusser, cit., p. 80. E così Althusser: <<Spinoza mi offriva (...) un'idea del pensiero che è pensato dal corpo, meglio, pensato con il corpo, meglio ancora, pensato nel corpo stesso>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 234; tr. it. cit., p. 254).
47 <<Si è da i prudenti osservato come le lettere vengono drieto alle armi, e che nelle provincie e nelle città prima i capitani che i filosofi nascono>> (Machiavelli, Istorie fiorentine, Utet, Torino 1971, V, 1). La filosofia segue, viene "drieto" ai "capitani", cioè ai conflitti, ed è essa stessa nella storia e essendo nella storia, forgiata dalla politica, non può esserne realmente fuori, per quanto possa immaginarselo.
48 Badiou, Lo slegamento politico, cit., p. 89.
49 <<Ciò che mi colpiva [in Machiavelli] era l'assunzione radicale dell'attualità aleatoria di ogni congiuntura e la necessità, per costruire l'unità nazionale italiana, che un uomo che fosse nessuno partisse dal nulla e da dove voleva lui, fuori da ogni Stato costituito, per ricomporre il corpo frammentato di un Paese diviso al suo interno, e senza la prefigurazione di alcuna unità nelle formule politiche (tutte cattive) esistenti. Credo che non si sia ancora finito di sviscerare questo pensiero senza precedenti e sfortunatamente senza seguito>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 213; tr. it. cit., p. 232).
50 Lo Stato e i suoi apparati, cit., p. 186. <<La politica è un pensiero agente sottile e testardo, da cui procede la critica materiale di tutte le figure della correlazione presentativa e che, sul bordo del vuoto, fa appello alle molteplicità omogenee contro l'ordine eteroclito - quello dello Stato - che pretende di tenerle nell'invisibilità>> (Badiou, Lo slegamento politico, cit., p. 92).
51 S. Lazarus, Althusser, la politique et l'histoire, in Politique et philosophie dans l'oeuvre de Louis Althusser, cit., pp. 12-3.
52 <<Tutti i miei scritti mostravano abbastanza chiaramente che, sulle questioni fondamentali, sia filosofiche, sia politiche, sia politiche e ideologiche come sulle questioni di linea (si veda Sur le XXIIe Congrès), sui principi pratici di organizzazione e sulle pratiche insensate del Partito, io non ero d'accordo. Ed ero il solo, proprio il solo a dirlo apertamente in seno allo stesso Partito, e a portare avanti una linea di opposizione interna: bisognava farlo! Io l'ho fatto. E non a torto la direzione del Partito sospettava che io volessi modificare, dall'interno, la linea del Partito in senso maoista. (...) Quando rimasi nel Partito, pensavo (ed era sicuramente un'idea in gran parte megalomaniacale, lo riconosco) che rimanendo nel Partito su una posizione così apertamente oppositiva (...) avrei potuto dimostrare, almeno formalmente, che un'azione oppositrice all'interno del Partito era possibile su basi teoriche e politiche serie, e dunque che era possibile, a lungo termine, una trasformazione del Partito>> (cfr. L'avenir dure longtemps, cit., pp. 192, 221, 226-8; tr. it. cit., pp. 211, 240, 245, 247). Il riferimento è a J. Rancière, La leçon d'Althusser, Gallimard, Paris 1974.
53 Cfr. Éléments d'autocritique, cit., p. 163.
56 Soutenance d'Amiens, cit., pp. 209-10 e anche nota 5.
58 Contradiction et sudetermination (Notes pour une recherche) in Pour Marx, cit., pp. 85-128; cit. da p. 98 [tr. it. cit., pp. 69-107]; ma si vedano anche: Sur la dialectique materialiste (De l'inégalité des origines), in ivi, pp. 161-224 [tr. it. cit., pp. 139-94] e Lire le Capital, cit., pp. 398-411 [tr. it. cit., pp. 193-204].
59 Cfr. Sul materialismo aleatorio, cit.
60 <<La semplicità della contraddizione hegeliana, in effetti, è possibile solo a causa della semplicità del principio interno, che costituisce l'essenza di ogni periodo storico. È proprio perché è possibile, di diritto, ridurre la totalità, l'infinita diversità di una data società storica (...) a un principio interno semplice, che questa stessa semplicità, acquisita così di diritto alla contraddizione, vi si può riflettere. (...) Questa riduzione stessa (...), la riduzione di tutti gli elementi che costituiscono la vita concreta di un mondo storico (...) a un principio interno d'unità, questa riduzione è possibile solo all'assoluta condizione di considerare tutta la vita concreta di un popolo come l'esteriorizzazione-alienazione (Entäusserung-Entfremdung) di un principio spirituale interno, che, in definitiva, non è nient'altro che la forma più astratta della coscienza di sé di questo mondo: la sua coscienza religiosa o filosofica, ossia la sua ideologia>> (Contradiction et sudetermination, cit., p. 102).
61 <<Abbiamo detto molto chiaramente che la "combinazione" che si trova in Marx "non ha nulla a che vedere con una combinatoria">> (Al lettore italiano, introduzione a Leggere il capitale, cit., p. 7); <<non si trova in Marx l'idea, non di combinatoria (a elementi qualsiasi), ma di combinazione di elementi distinti atti a costituire l'unità di un modo di produzione. (...) Fin dall'inizio avevamo insistito sulla differenza strutturale fra combinatoria (astratta) e combinazione (concreta), origine del problema>>, impostazione che conduce a una <<teoria della congiuntura>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 177; tr. it. cit., p. 194).
62 Cfr. almeno La questione ebraica [1844], Ed. Riuniti, Roma 1991.
63 Nel 1978 <<sostenevo l'idea che gli "isolotti di comunismo" esistessero già, negli "interstizi" della nostra società (interstizi, parola che Marx applicava - a immagine degli dèi di Epicuro nel mondo - ai primi nuclei commerciali nel mondo antico) laddove non regnano rapporti mercantili. Credo difatti - e ritengo di essere su questo punto nella linea del pensiero di Marx - che la sola definizione possibile di comunismo - se dovesse mai esistere un giorno nel mondo - sia l'assenza di rapporti mercantili, dunque di rapporti di sfruttamento di classe e di dominio di Stato. Credo che esistano nel nostro mondo attuale numerosissime cerchie di rapporti umani da cui ogni rapporto mercantile è assente>> (L'avenir dure longtemps, cit., p. 217; tr. it. cit., p. 237).
64 Cfr. L'avenir dure longtemps, cit., cap. 23.
65 Cfr. Ritratto di un filosofo materialista [1986], in Sul materialismo aleatorio, cit., p. 181 e il cap. 6 di questa traduzione.