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Felici sconfinamenti del Turco
Una Festschrift materialista per Maria Turchetto
Augusto Illuminati
L’unica sostanza spinoziana ha infiniti attributi di cui
riusciamo a conoscere solo due: estensione e pensiero. Del pari Maria Turchetto,
detta il Turco, ha infinite competenze, che possiamo sondare sotto le voci
marxismo-economia (estensione) ed epistemologia (pensiero), secondo il
raggruppamento tematico della Festschrift che
le è stata dedicata al momento del suo pensionamento: Sconfinamenti.
Scritti su marxismo, economia ed epistemologia in onore di Maria Turchetto,
a cura di É. Balibar. A. Cavazzini e V. Morfino, Mimesis/Althusseriana, 2016.
Il libro si apre con uno squisito omaggio di É. Balibar, che ha giustamente
notato come L. Althusser sia stato non soltanto l’oggetto prediletto degli studi
di Maria ma anche una figura straordinariamente affine per la capacità di
condivisione del lavoro, di cooperazione alla pari con i suoi «allievi«»,
sviluppando così la prima e più attiva delle Società di studi althusseriani oggi
esistenti al mondo. Seguono i contributi dedicati al ruolo di Althusser nel
dibattito marxista (L. Pinzolo, Da Freud a
Marx e ritorno; F. Raimondi, Althusser:
che cos’è una pratica?; V. Morfino, Il
concetto di causalità strutturale in Althusser) e ai suoi effetti nelle
ricerche di economia politica (M. Cangiani, Appunti
sul neoliberismo; G. La Grassa, Riflessioni
primarie su teoria e politica; E. De Marchi, Il
capitalismo sovietico. Premesse sulla ripresa del dibattito; L. Cavallaro, Umanesimo
o stalinismo?).
Mentre il gruppo dei contributi economici, tutti di eccellente livello, presenta
una varietà di approcci, quello di taglio filosofico affronta con toni omogenei
alcuni aspetti del pensiero althusseriano: in primo luogo (Raimondi)
l’impossibilità di una «pratica
sociale» come
concetto generale e pieno (mediato, suturato e riempito da un’ «ideologia» inconsapevole)
e la sua risoluzione, dunque, in un insieme di differenti pratiche, di cui solo
alcune (quella politica e quella psicoanalitica) formano e definiscono una
soggettività trasformata, riprendono insomma in forme muove la praxis aristotelica
in opposizione alla produzione di un esterno, a una poíesis.
Lasciando peraltro aperte molte aporie, che lo stesso Althusser confessa di
fatto nel peso crescente che assumono, negli ultimi suoi scritti, il vuoto e
l’aleatorio.
Di qui vengono anche le difficoltà nel definire la novità di Freud, il rifiuto
del riduzionismo nella postulazione di un legame complesso fra inconscio e
fantasmi psichici come rappresentazione di istanze di diversa natura, cioè la
psiche come traccia psichica determinata da qualcosa che non è immediatamente
psichico – la vera differenza della psicoanalisi da ogni psicologia tradizionale
(Pinzolo). Il problema culmina in generale nella definizione di causa
strutturale o metonimica (Morfino), in cui la presenza della struttura nei suoi
effetti non si configura quale opposizione di fondo invariante e variazioni
superficiali congiunturali, bensì quale primato della relazione sui relati,
intreccio di temporalità differenziate e compresenti nella non-contemporaneità e
congiunturalità delle relazioni. La struttura è articolazione di temporalità
differenziali e la congiuntura è un presente stratificato. In questo senso vale,
a mio parere, l’omologia con la celebre immagine freudiana dell’inconscio come
il romano Campo Marzio, se vi fossero presenti in simultanea gli strati
archeologici di varie epoche che oggi si sovrappongono e cancellano. In generale
gli autori si sforzano di tenere congiunti Leggere
il Capitale e il periodo aleatorio di Althusser, in un percorso dove la
continuità emerge attraverso oscillazioni e contraddizioni che segnano ogni fase
anche se, sempre a mio parere, una cesura esiste ed è di carattere politico:
la presa d’atto dei cambiamenti della composizione di classe e del ruolo dei
partiti, dalla conferenza di Venezia del 1977 in poi.
La sezione epistemologica è dedicata in massima parte alle problematiche
biologiche e genetiche cui Turchetto si è volentieri applicata, recuperando la
stretta connessione dello stesso Althusser con Bachelard e Canguilhem (che
meritoriamente la Società althusseriana ha tradotto in questi ultimi anni). Non
ho però le competenze della dedicataria per esporre i contenuti dei contributi
di E. Gagliasso e S. Campanella (Il mondo
batterico tra cultura ed eco-evoluzione) e G. Frezza (La
ricerca dell’invisibile: dall’embriologia alla genetica). A. Cavazzini (Scienza,
cultura, marxismo. Un bilancio) ricostruisce con grande cura il rapporto del
marxismo italiano con la scienza, a partire dal confronto fra storicisti e
neopositivisti dopo la crisi del 1956 (Cases vs Preti),
poi con la critica di Panzieri e Cini all’oggettivismo scientista. Con la
precisazione che nel corso del dibattito mutano non solo le posizioni prevalenti
nell’ambito del marxismo ma lo stesso statuto della scienza, che ancora in von
Neumann è un progetto organico di incorporazione alla sussunzione reale
capitalistica dei rapporti sociali e di ruolo governante di scienziati, tecnici
e manager – traccia residua della progettualità rivoluzionaria di Giordano
Bruno, Bacone e dell’illuminismo. Nell’èra della rete informazionale e dei
logaritmi finanziari lo «spirito
scientifico»,
come cultura e ideologia di massa, si impegna soprattutto a sostituire il
calcolo degli interessi alla stessa razionalità tecnica, riducendosi a
ingegneria socio-istituzionale e a ottimizzazione delle performances di
guadagno. Il saggio di Ch. Alunni, L’operaismo
o dal ragno al tessitore, cita per passi esemplari la critica
all’oggettivismo, passando per i contributi del Lukács di Classe
e coscienza di classe, di Panzieri e del libro collettivo L’ape
e l’architetto e problematizzando il silenzio di Althusser in argomento.
C’è però un terzo attributo conoscibile di Maria, che M. Buiatti ed E. Castelli
Gattinara sfiorano nella sezione finale, Ghiribizzi, ed è la Maria attivista
dell’UIAR (Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti) e assidua collaboratrice
del mitico «Vernacoliere» labronico – un’infiltrata pisana fra livornesi doc. Si
capisce che il Turco non si colloca esattamente nel campo del politically
correct e si dedica con assiduità allo smascheramento degli idoli
dell’ideologia italiana, moderata o sinistrese che sia: ricordiamo sue epiche
stroncature, per es. di S. Veca o E. Severino. Uno stile di pensiero e
intervento che assai bene collima con la serietà filologica dell’impegno e
l’acutezza dell’elaborazione. Un lavoro che in buona parte si è svolto fuori dei
compiti e dai riti universitari e che dunque nel pensionamento userà il tempo
liberato per una più intensa attività!
pubblicato in OperaViva Magazine www.operaviva.info/felici-sconfinamenti-del-turco/