Le “isole di comunismo” e la “macchina speciale” dello Stato: l’ultimo Althusser e il dibattito con Nicos Poulantzas.
Michele Garau
Abstract
La relazione proposta riguarda alcuni nodi della riflessione che Althusser sviluppa sul finire degli anni ’70, in larga parte attraverso interventi sparsi, come la Conferenza di Barcellona, ed opere inedite, quali Les Vaches noires e Marx dans ses limites. In questi contributi si affaccia un insieme di suggestioni importanti che riguardano un plesso tematico unitario, dove si intrecciano i nodi dello Stato, della transizione ad una società post-capitalistica e della trasformazione della «pratica teorica» in senso rivoluzionario.
In particolare Althusser cerca di riattualizzare, congiuntamente, le due prospettive della «dittatura del proletariato» e dell’estinzione dello Stato, entrambe rimosse sia dagli approdi contemporanei del dibattito marxista sia dagli orizzonti politici del movimento comunista internazionale. A proposito di queste due categorie Althusser ravvisa infatti un equivoco, riconducibile ad un diffusa distorsione del significato del socialismo e, più in generale, della struttura dei «modi di produzione» e delle «formazioni sociali», che costituiscono due direttrici fondamentali del materialismo storico. Le formazioni sociali, secondo quanto Althusser attribuisce al pensiero marxiano (Essere marxisti in filosofia), rappresentano una combinazione contraddittoria tra diversi modi di produzione: il socialismo, in particolare, erroneamente considerato dal marxismo “sovietico” quale modo di produzione autonomo, costituisce una formazione sociale transitoria in cui coesistono, in un rapporto conflittuale, elementi capitalistici e comunisti. La funzione del socialismo è inoltre quella di disarticolare gli apparati di Stato e la formazione sociale dominante.
Althusser delinea dunque una specifica visione della transizione rivoluzionaria come processo che vede approfondirsi gli elementi di organizzazione sociale comunista in modo espansivo, a partire da determinati ambiti ed aspetti del presente tessuto sociale: tale visione implica una particolare lettura del concetto di «dittatura del proletariato», che risiederebbe proprio nei suddetti nuclei di contropotere diffuso (Conferenza di Barcellona) . La dittatura di una classe sociale infatti, quale presupposto scientifico atemporale del materialismo storico, riguarda la combinazione regolata delle formazioni sociali nell’insieme dei loro livelli e non deve quindi essere confusa con la forma che assume nel piano specificamente politico. In altre parole la dittatura del proletariato è compatibile con molteplici tipologie di organizzazione politica, compresa quella di una democrazia radicale, esattamente come il dominio sociale della classe capitalista può accompagnarsi sia ad assetti politici autoritari che democratico-rappresentativi.
Queste mistificazione precludono una corretta idea della società comunista quale superamento politico dello Stato, come strumento dell’oppressione di classe, in tutte le sue configurazioni. La sovversione dei rapporti politici ed ideologici assume quindi un ruolo centrale nell’attualizzazione di una prospettiva comunista oltre la sfera statuale. Dentro questo dibattito, e la contemporanea polemica con Nicos Poulantzas, Althusser indica una traiettoria per oltrepassare la crisi del marxismo, del movimento comunista e dell’idea di emancipazione.
L’intuizione delle «isole di comunismo» quali forme interstiziali già presenti nelle formazioni sociali capitalistiche contiene infatti, seppure in stato embrionale, un’idea alternativa di transizione, incentrata sull’estendersi degli elementi di comunismo già in processo e sull’emergere di un nuovo modo di produzione attraverso pratiche politiche di massa. Tali indicazioni non possono essere disgiunti dai riferimenti che Althusser fa, in quel periodo, al percorso dei movimenti rivoluzionari in Italia, paese che ha di recente visitato.
Anche Nicos Poulantzas concentra la propria attenzione, nella medesima congiuntura, sui “siti” politici inediti che erompono diffusamente sulla superficie del corpo sociale. Le lotte della seconda metà degli anni ’70, infatti, investono settori tradizionalmente estranei alla sfera del conflitto politico, come la riproduzione sociale, i trasporti, l’ambiente, le rivendicazione territoriali e regionalistiche. Poulantzas propone, nella sua ultima opera, L’Etat, le pouvoir, le socialisme, una versione della propria teoria dello Stato che accentua e completa il processo graduale di rottura con le tesi althusseriane. Se da principio (Potere politico e classi sociali) le sue ricerche si presentano quale applicazione critica del metodo di Althusser ad una teoria regionale del “politico”, la sua definizione dello Stato quale «campo strategico» che condensa e riflette l’andamento dei rapporti sociali di classe, si vuole in diretta polemica con le formulazioni althusseriane. Queste ultime sono d’altronde ricondotte da Poulantzas ad una delle due problematiche che riassumerebbero l’errata concezione dello Stato nel dibattito filosofico marxista: quella «strumentalista», che derubrica il complesso degli apparati istituzionali ad un mezzo inerte e neutrale, manipolabile dal blocco sociale al potere.
Accennando una breve ricostruzione dei termini del dialogo a distanza tra i due autori, si può ravvisare però come gran parte dei rilievi di Poulantzas risultino eccessivamente perentori, ma anche come, tra i due, permangano significative consonanze sul piano concettuale e teorico, malgrado le differenze di registro. Si intende dunque dislocare il motivo di contrasto tra i due pensatori sul piano strettamente politico: in particolare nella valutazione strategica dei nuovi siti politici “autogestionari” che emergono sulla sfera pubblica. In questo modo si può sottolineare come Althusser anticipi un’idea di politica “oltre lo Stato”, ponendo i termini per una re-iscrizione della prospettiva comunista oltre l’intreccio di istituzioni, discorsi e identità soggettive rappresentato dal movimento comunista novecentesco. Si può applicare all’ultimo Althusser, raccogliendo un suggerimento di Andrea Cavazzini, la categoria di “ipotesi comunista” (Badiou), distinta dai suoi sostanziamenti storici. In questo modo emerge come Althusser rappresenti una matrice persistente degli indirizzi del pensiero “post-marxista” contemporaneo, ma soprattutto un riferimento per concepire nuove politiche anticapitaliste oltre la costellazione «Soggetto-Partito-Stato».