Orientamento delle ricerche e progetti di insegnamento,
presentati da Alexandre Koyré all' Assemblea dei professori del Collège de France.
11 marzo 1951

da: A. Koyré titres et travaux. Propositions pour un enseignement au Collège de France, Paris, Imprimerie R. Foulon février 1951, p. 10-14 (ripubblicato parzialmente col titolo "Orientamenti e progetti di ricerca", identificato come "estratto da un curriculum vitae redatto da Alexandre Koyré nel febbraio 1951"

Dall'inizio delle mie ricerche, sono stato ispirato dalla convinzione dell'unità del pensiero umano, particolarmente quella delle sue forme più elevate; mi è parso impossibile separare, in compartimenti stagni, la storia del pensiero filosofico e quella del pensiero religioso, da cui la prima è sempre come lambita, sia per ispirarsene, sia per opporvisi.
Questa convinzione, trasformata in principio di ricerca, si è rivelata feconda per la comprensione del pensiero medievale e moderno, perfino nel caso di una filosofia cosi scevra di preoccupazioni religiose come quella di Spinoza. Ma bisognava spingersi oltre. Mi sono dovuto rapidamente convincere che sarebbe stato parimenti impossibile trascurare lo studio della struttura del pensiero scientifico.
L'influenza del pensiero scientifico e della visione del mondo che essa determina non è presente soltanto nei sistemi - come quelli di Descartes e Leibniz- che si appoggiano esplicitamente sulla scienza, ma anche nelle dottrine - come le dottrine mistiche- apparentemente estranee ad ogni preoccupazione di questo genere. Il pensiero, quando si formula sistematicamente, implica un'immagine o, meglio, una concezione del mondo, e si situa in rapporto ad essa: la mistica di Boehme è rigorosamente incomprensibile senza la nuova astronomia creata da Copernico. Queste considerazioni mi hanno condotto, o piuttosto mi hanno ricondotto, allo studio del pensiero scientifico. Mi sono occupato innanzitutto della storia dell'astronomia; poi le mie ricerche hanno riguardato l'ambito della storia della fisica e delle matematiche.
Il legame sempre più stretto che si stabilisce, agli inizi dell'Età Moderna, tra la physica coelestis e la physica terrestris è all'origine della scienza moderna.
L'evoluzione del pensiero scientifico, almeno durante il periodo che allora studiai, non formava, d'altronde, una serie indipendente, ma era, al contrario, molto strettamente legato a quella delle idee transscientifiche, filosofiche, metafisiche, religiose.
L'astronomia copernicana non apporta soltanto una nuova organizzazione, più economica, dei "cerchi", ma una nuova immagine del mondo ed un nuovo sentimento dell'essere: aver collocato il Sole al centro del mondo esprime la rinascita della metafisica della luce ed eleva la Terra al rango degli astri -Terra est stella nobilis, aveva detto Nicola Cusano.
L'opera di Keplero procede da una concezione nuova dell'ordine cosmico, fondata essa stessa sull'idea rinnovata di un Dio geometra, ed è l'unione della teologia cristiana col pensiero di Proclo che permette al grande astronomo di liberarsi dall'ossessione della circolarità che aveva dominato il pensiero antico e medievale (ed ancora quello di Copernico); ma è questa stessa visione cosmologica che gli fa rifiutare l'intuizione geniale, ma scientificamente prematura, di Giordano Bruno e lo imprigiona nei limiti di un mondo dalla struttura finita. Non si comprende veramente l'opera dell'astronomo né quella del matematico se non la si vede compenetrata dal pensiero del filosofo e del teologo.
La rivoluzione metodologica compiuta da Descartes procede anch'essa da una nuova concezione del sapere; tramite l'intuizione dell'infinità divina, Descartes giunge alla grande scoperta del carattere positivo della nozione di infinito che domina la sua logica e la sua matematica. Infine, l'idea filosofica - e teologica- del possibile, intermediario tra l'essere ed il nulla, permetterà a Leibniz di oltrepassare gli scrupoli cui si era arrestato Pascal.

Il frutto di queste ricerche, condotte in parallelo al mio insegnamento all' Ecole pratique des hautes études, è stata la pubblicazione, nel 1933, di uno studio su Paracelso e di un altro su copernico, seguiti, nel 1934, da una edizione, con introduzione, traduzione e note del primo libro, di argomento cosmologico, del De Revolutionibus Orbium Coelestium e, nel 1940, degli Studi Galileiani. Ho cercato di analizzare, in questa prima opera, la rivoluzione scientifica del XVII secolo, ad un tempo fonte e risultato di una profonda trasformazione spirituale che ha rovesciato non solo il contenuto, ma le cornici stesse del nostro pensiero: la sostituzione di un universo infinito ed omogeneo al cosmo finito e gerarchicamente ordinato del pensiero antico e medievale, implica e necessita la rifondazione dei primi principi della ragione filosofica e scientifica, la rifondazione delle nozioni fondamentali, quella del moto, dello spazio, del sapere e dell'essere.
Ecco perché la scoperta di leggi semplici, come la legge della caduta dei gravi, è costata a grandissimi genii sforzi così prolungati e non sempre coronati da successo. Così, la nozione di inerzia, tanto palesemente assurda per l'Antichità e il medioevo quanto plausibile, per non dire evidente, ai giorni nostri, non ha potuto essere enucleata in tutto il suo rigore nemmeno dal pensiero di un Galileo, e non lo è stata prima di Descartes.
Durante la guerra, assorbito da altri compiti, non ho potuto dedicare tanto tempo quanto avrei voluto ai lavori teorici. Ma dal 1945 ho intrapreso una serie di nuove ricerche sulla formazione, a partire da Keplero, della grande sintesi newtoniana.
Queste ricerche costituiranno il seguito dei miei lavori sull'opera di Galilei.
Lo studio del pensiero filosofico e religioso dei grandi protagonisti del matematismo sperimentale, dei precursori e dei contemporanei di Newton e di Newton medesimo, si è rivelato indispensabile per l'interpretazione esaustiva di questo movimento. Le concezioni filosofiche di Newton concernenti il ruolo delle matematiche e della misura esatta nella costituzione del sapere scientifico furono altrettanto importanti per il successo delle sue iniziative che il suo genio matematico: non fu per mancanza di abilità, ma a causa dell'insufficienza della loro filosofia della scienza -ispirata a Bacon- che Boyle e Hooke fallirono davanti ai problemi dell'ottica, e sono profonde divergenze filosofiche ad aver nutrito l'opposizione di Huygens e di Leibniz a Newton.
Ho affrontato alcuni aspetti di queste ricerche nei miei corsi all'università di Chicago, in alcune conferenze alle Università di Strasburgo e di Bruxelles, di Yale e Harvard, e in alcune comunicazioni rese al Congresso internazionale di storia e di filosofia delle scienze (Parigi, 1949) ed al Congresso internazionale di storia delle scienze (Amsterdam, 1950). D'altra parte, nelle mie conferenze alla VI sezione dell' Ecole pratique des hautes études, ho studiato problemi del medesimo ordine: la transizione dal "mondo del pressappoco" all' "universo della precisione", l'elaborazione della nozione e delle tecniche di misurazione esatta, la creazione degli strumenti scientifici che hanno reso possibile il passaggio dall'esperienza qualitativa alla sperimentazione quantitativa della scienza classica, ed infine il calcolo infinitesimale.

La storia del pensiero scientifico, quale io la intendo e mi sforzo di praticarla, mira a cogliere il cammino di questo pensiero nel movimento stesso della sua attività creatrice. A questo scopo, è essenziale ricollocare le opere le opere studiate nel loro ambiente intellettuale e spirituale , interpretarle in funzione delle abitudini mentali, delle preferenze e delle avversioni dei loro autori. Bisogna resistere alla tentazione, cui cedono troppi storici delle scienze, di rendere più accessibile il pensiero spesso oscuro, impacciato ed anche confuso degli antichi, traducendolo in un linguaggio moderno che lo chiarifica ma al tempo stesso lo deforma: niente, al contrario, è più istruttivo dello studiare le dimostrazioni di uno stesso teorema date da Archimede e Cavalieri, Roberval e Barrow.
È altresì essenziale integrare nella storia di un pensiero scientifico il modo in cui esso si è autocompreso e si è situato in rapporto a ciò che lo precedeva e lo accompagnava. Non si potrebbe sopravvalutare l'interesse delle polemiche di Guldin o di Tacquet contro Cavalieri e Torricelli; sarebbe pericoloso non studiare da vicino il modo in cui Wallis, Newton, Leibniz consideravano la storia delle loro proprie scoperte, o trascurare le discussioni filosofiche provocate da queste.
È opportuno, infine, studiare gli errori e i fallimenti con altrettanta cura di quella che si dedica ai successi. Gli errori di un Descartes e di un Galileo, i fallimenti di un Boyle e di un Hooke non sono soltanto istruttivi, sono rivelatori delle difficoltà che è stato necessario vincere, degli ostacoli che si sono dovuti superare.

Avendo noi stessi subito due o tre crisi del nostro modo di pensare - la "crisi dei fondamenti" e l' "eclissi degli assoluti" matematici, la rivoluzione relativista, la rivoluzione quantica -, avendo subito la distruzione delle nostre antiche idee ed essendoci sforzati di adattarci ad idee nuove, siamo maggiormente in grado rispetto ai nostri predecessori di comprendere le crisi e le polemiche di un tempo. Credo che la nostra epoca sia particolarmente propizia a ricerche di questo genere e ad un insegnamento che sarebbe loro dedicato sotto il nome di Storia del Pensiero Scientifico. Noi non viviamo più nel mondo delle idee newtoniane, e nemmeno di quelle maxwelliane, e perciò siamo capaci di considerarle ad un tempo dall'esterno e dall'interno, di analizzare le loro strutture, di percepire le cause delle loro debolezze, e siamo meglio attrezzati per comprendere il senso delle speculazioni medievali sulla composizione del continuo e sulla "latitudine delle forme", e l'evoluzione della struttura del pensiero matematico e fisico nel secolo scorso, che ha visto lo sforzo di creare nuove forme di ragionamento ed un ritorno critico sui fondamenti intuitivi, logici, assiomatici, della sua validità.

Così, la mia intenzione è di non limitarsi allo studio del solo XVII secolo: la storia di questa grande epoca deve chiarire i periodi più recenti, ed i soggetti di cui tratterò saranno caratterizzati, ma non esauriti, dai temi seguenti:

-il sistema newtoniano: il dispiegamento e l'interpretazione filosofica del newtonianesimo (fino a Kant compreso)

-la sintesi maxwelliana e la storia della teoria dei campi

-le origini ed i fondamenti filosofici del calcolo delle probabilità

-il concetto dell'infinito ed i problemi dei fondamenti delle matematiche

le radici filosofiche della scienza moderna e le interpretazioni recenti della conoscenza scientifica (positivismo, neokantismo, formalismo, neorealismo, platonismo)

Credo che, condotte secondo il metodo che ho delineato, queste ricerche proietteranno una viva luce sulla struttura dei grandi sistemi filosofici del XVIII e del XIX secolo che, senza eccezioni, si determinano in rapporto al sapere scientifico, sia per integrarlo, sia per trascenderlo, e credo che ci permetteranno di comprendere meglio la rivoluzione filosofico-scientifica dei nostri tempi.

Illustrata da Tannery, Duhem, Hannequin e Brunschvicg, Meyerson e Pierre Boutroux, lo studio del pensiero scientifico e della sua storia è stata per molto tempo una delle più preziose tradizioni della scuola filosofica francese. È questa tradizione che, nella misura delle mie forze, vorrei contribuire a far rivivere. Una cattedra di Storia del pensiero scientifico, se venisse creata, o piuttosto ri-creata, al Collège de France, permetterebbe di raccogliere gli sforzi sparsi e dispersi di ricercatori oggi isolati. In pari tempo, essa fornirebbe agli uomini di scienza, ai filosofi ed agli storici uno strumento di riavvicinamento dei loro rispettivi punti di vista, e l'occasione di una collaborazione che non è necessaria soltanto al progresso delle loro discipline ma anche alla salvaguardia dei valori umanistici.

traduzione di A. Cavazzini