Dall'inizio delle mie ricerche, sono stato ispirato dalla convinzione
dell'unità del pensiero umano, particolarmente quella delle sue forme
più elevate; mi è parso impossibile separare, in compartimenti
stagni, la storia del pensiero filosofico e quella del pensiero religioso,
da cui la prima è sempre come lambita, sia per ispirarsene, sia per
opporvisi.
Questa convinzione, trasformata in principio di ricerca, si è rivelata
feconda per la comprensione del pensiero medievale e moderno, perfino nel
caso di una filosofia cosi scevra di preoccupazioni religiose come quella
di Spinoza. Ma bisognava spingersi oltre. Mi sono dovuto rapidamente convincere
che sarebbe stato parimenti impossibile trascurare lo studio della struttura
del pensiero scientifico.
L'influenza del pensiero scientifico e della visione del mondo che essa
determina non è presente soltanto nei sistemi - come quelli di Descartes
e Leibniz- che si appoggiano esplicitamente sulla scienza, ma anche nelle
dottrine - come le dottrine mistiche- apparentemente estranee ad ogni preoccupazione
di questo genere. Il pensiero, quando si formula sistematicamente, implica
un'immagine o, meglio, una concezione del mondo, e si situa in rapporto
ad essa: la mistica di Boehme è rigorosamente incomprensibile senza
la nuova astronomia creata da Copernico. Queste considerazioni mi hanno
condotto, o piuttosto mi hanno ricondotto, allo studio del pensiero scientifico.
Mi sono occupato innanzitutto della storia dell'astronomia; poi le mie ricerche
hanno riguardato l'ambito della storia della fisica e delle matematiche.
Il legame sempre più stretto che si stabilisce, agli inizi dell'Età
Moderna, tra la physica coelestis e la physica terrestris
è all'origine della scienza moderna.
L'evoluzione del pensiero scientifico, almeno durante il periodo che allora
studiai, non formava, d'altronde, una serie indipendente, ma era, al contrario,
molto strettamente legato a quella delle idee transscientifiche,
filosofiche, metafisiche, religiose.
L'astronomia copernicana non apporta soltanto una nuova organizzazione,
più economica, dei "cerchi", ma una nuova immagine del
mondo ed un nuovo sentimento dell'essere: aver collocato il Sole al centro
del mondo esprime la rinascita della metafisica della luce ed eleva la Terra
al rango degli astri -Terra est stella nobilis, aveva detto Nicola
Cusano.
L'opera di Keplero procede da una concezione nuova dell'ordine cosmico,
fondata essa stessa sull'idea rinnovata di un Dio geometra, ed è
l'unione della teologia cristiana col pensiero di Proclo che permette al
grande astronomo di liberarsi dall'ossessione della circolarità che
aveva dominato il pensiero antico e medievale (ed ancora quello di Copernico);
ma è questa stessa visione cosmologica che gli fa rifiutare l'intuizione
geniale, ma scientificamente prematura, di Giordano Bruno e lo imprigiona
nei limiti di un mondo dalla struttura finita. Non si comprende veramente
l'opera dell'astronomo né quella del matematico se non la si vede
compenetrata dal pensiero del filosofo e del teologo.
La rivoluzione metodologica compiuta da Descartes procede anch'essa da una
nuova concezione del sapere; tramite l'intuizione dell'infinità divina,
Descartes giunge alla grande scoperta del carattere positivo della nozione
di infinito che domina la sua logica e la sua matematica. Infine, l'idea
filosofica - e teologica- del possibile, intermediario tra l'essere ed il
nulla, permetterà a Leibniz di oltrepassare gli scrupoli cui si era
arrestato Pascal.
Il frutto di queste ricerche, condotte in parallelo al mio insegnamento
all' Ecole pratique des hautes études, è stata la pubblicazione,
nel 1933, di uno studio su Paracelso e di un altro su copernico, seguiti,
nel 1934, da una edizione, con introduzione, traduzione e note del primo
libro, di argomento cosmologico, del De Revolutionibus Orbium Coelestium
e, nel 1940, degli Studi Galileiani. Ho cercato di analizzare, in
questa prima opera, la rivoluzione scientifica del XVII secolo, ad un tempo
fonte e risultato di una profonda trasformazione spirituale che ha rovesciato
non solo il contenuto, ma le cornici stesse del nostro pensiero: la sostituzione
di un universo infinito ed omogeneo al cosmo finito e gerarchicamente ordinato
del pensiero antico e medievale, implica e necessita la rifondazione dei
primi principi della ragione filosofica e scientifica, la rifondazione delle
nozioni fondamentali, quella del moto, dello spazio, del sapere e dell'essere.
Ecco perché la scoperta di leggi semplici, come la legge della caduta
dei gravi, è costata a grandissimi genii sforzi così prolungati
e non sempre coronati da successo. Così, la nozione di inerzia, tanto
palesemente assurda per l'Antichità e il medioevo quanto plausibile,
per non dire evidente, ai giorni nostri, non ha potuto essere enucleata
in tutto il suo rigore nemmeno dal pensiero di un Galileo, e non lo è
stata prima di Descartes.
Durante la guerra, assorbito da altri compiti, non ho potuto dedicare tanto
tempo quanto avrei voluto ai lavori teorici. Ma dal 1945 ho intrapreso una
serie di nuove ricerche sulla formazione, a partire da Keplero, della grande
sintesi newtoniana.
Queste ricerche costituiranno il seguito dei miei lavori sull'opera di Galilei.
Lo studio del pensiero filosofico e religioso dei grandi protagonisti del
matematismo sperimentale, dei precursori e dei contemporanei di Newton e
di Newton medesimo, si è rivelato indispensabile per l'interpretazione
esaustiva di questo movimento. Le concezioni filosofiche di Newton concernenti
il ruolo delle matematiche e della misura esatta nella costituzione del
sapere scientifico furono altrettanto importanti per il successo delle sue
iniziative che il suo genio matematico: non fu per mancanza di abilità,
ma a causa dell'insufficienza della loro filosofia della scienza -ispirata
a Bacon- che Boyle e Hooke fallirono davanti ai problemi dell'ottica, e
sono profonde divergenze filosofiche ad aver nutrito l'opposizione di Huygens
e di Leibniz a Newton.
Ho affrontato alcuni aspetti di queste ricerche nei miei corsi all'università
di Chicago, in alcune conferenze alle Università di Strasburgo e
di Bruxelles, di Yale e Harvard, e in alcune comunicazioni rese al Congresso
internazionale di storia e di filosofia delle scienze (Parigi, 1949) ed
al Congresso internazionale di storia delle scienze (Amsterdam, 1950). D'altra
parte, nelle mie conferenze alla VI sezione dell' Ecole pratique des hautes
études, ho studiato problemi del medesimo ordine: la transizione
dal "mondo del pressappoco" all' "universo della precisione",
l'elaborazione della nozione e delle tecniche di misurazione esatta, la
creazione degli strumenti scientifici che hanno reso possibile il passaggio
dall'esperienza qualitativa alla sperimentazione quantitativa della scienza
classica, ed infine il calcolo infinitesimale.
La storia del pensiero scientifico, quale io la intendo e mi sforzo di
praticarla, mira a cogliere il cammino di questo pensiero nel movimento
stesso della sua attività creatrice. A questo scopo, è essenziale
ricollocare le opere le opere studiate nel loro ambiente intellettuale e
spirituale , interpretarle in funzione delle abitudini mentali, delle preferenze
e delle avversioni dei loro autori. Bisogna resistere alla tentazione, cui
cedono troppi storici delle scienze, di rendere più accessibile il
pensiero spesso oscuro, impacciato ed anche confuso degli antichi, traducendolo
in un linguaggio moderno che lo chiarifica ma al tempo stesso lo deforma:
niente, al contrario, è più istruttivo dello studiare le dimostrazioni
di uno stesso teorema date da Archimede e Cavalieri, Roberval e Barrow.
È altresì essenziale integrare nella storia di un pensiero
scientifico il modo in cui esso si è autocompreso e si è situato
in rapporto a ciò che lo precedeva e lo accompagnava. Non si potrebbe
sopravvalutare l'interesse delle polemiche di Guldin o di Tacquet contro
Cavalieri e Torricelli; sarebbe pericoloso non studiare da vicino il modo
in cui Wallis, Newton, Leibniz consideravano la storia delle loro proprie
scoperte, o trascurare le discussioni filosofiche provocate da queste.
È opportuno, infine, studiare gli errori e i fallimenti con altrettanta
cura di quella che si dedica ai successi. Gli errori di un Descartes e di
un Galileo, i fallimenti di un Boyle e di un Hooke non sono soltanto istruttivi,
sono rivelatori delle difficoltà che è stato necessario vincere,
degli ostacoli che si sono dovuti superare.
Avendo noi stessi subito due o tre crisi del nostro modo di pensare - la "crisi dei fondamenti" e l' "eclissi degli assoluti" matematici, la rivoluzione relativista, la rivoluzione quantica -, avendo subito la distruzione delle nostre antiche idee ed essendoci sforzati di adattarci ad idee nuove, siamo maggiormente in grado rispetto ai nostri predecessori di comprendere le crisi e le polemiche di un tempo. Credo che la nostra epoca sia particolarmente propizia a ricerche di questo genere e ad un insegnamento che sarebbe loro dedicato sotto il nome di Storia del Pensiero Scientifico. Noi non viviamo più nel mondo delle idee newtoniane, e nemmeno di quelle maxwelliane, e perciò siamo capaci di considerarle ad un tempo dall'esterno e dall'interno, di analizzare le loro strutture, di percepire le cause delle loro debolezze, e siamo meglio attrezzati per comprendere il senso delle speculazioni medievali sulla composizione del continuo e sulla "latitudine delle forme", e l'evoluzione della struttura del pensiero matematico e fisico nel secolo scorso, che ha visto lo sforzo di creare nuove forme di ragionamento ed un ritorno critico sui fondamenti intuitivi, logici, assiomatici, della sua validità.
Così, la mia intenzione è di non limitarsi allo studio del solo XVII secolo: la storia di questa grande epoca deve chiarire i periodi più recenti, ed i soggetti di cui tratterò saranno caratterizzati, ma non esauriti, dai temi seguenti:
-il sistema newtoniano: il dispiegamento e l'interpretazione filosofica del newtonianesimo (fino a Kant compreso)
-la sintesi maxwelliana e la storia della teoria dei campi
-le origini ed i fondamenti filosofici del calcolo delle probabilità
-il concetto dell'infinito ed i problemi dei fondamenti delle matematiche
le radici filosofiche della scienza moderna e le interpretazioni recenti della conoscenza scientifica (positivismo, neokantismo, formalismo, neorealismo, platonismo)
Credo che, condotte secondo il metodo che ho delineato, queste ricerche proietteranno una viva luce sulla struttura dei grandi sistemi filosofici del XVIII e del XIX secolo che, senza eccezioni, si determinano in rapporto al sapere scientifico, sia per integrarlo, sia per trascenderlo, e credo che ci permetteranno di comprendere meglio la rivoluzione filosofico-scientifica dei nostri tempi.
Illustrata da Tannery, Duhem, Hannequin e Brunschvicg, Meyerson e Pierre Boutroux, lo studio del pensiero scientifico e della sua storia è stata per molto tempo una delle più preziose tradizioni della scuola filosofica francese. È questa tradizione che, nella misura delle mie forze, vorrei contribuire a far rivivere. Una cattedra di Storia del pensiero scientifico, se venisse creata, o piuttosto ri-creata, al Collège de France, permetterebbe di raccogliere gli sforzi sparsi e dispersi di ricercatori oggi isolati. In pari tempo, essa fornirebbe agli uomini di scienza, ai filosofi ed agli storici uno strumento di riavvicinamento dei loro rispettivi punti di vista, e l'occasione di una collaborazione che non è necessaria soltanto al progresso delle loro discipline ma anche alla salvaguardia dei valori umanistici.
traduzione di A. Cavazzini